Le false promesse del partito digitale

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Mentre un governo fascista, generato con modalità democristiane, tenta di insediarsi, forzando la mano al Presidente della Repubblica, continuano a fiorire le riflessioni sul partito stimolate, come per il cane di Pavlov, dal campanello del successo del M5S. La concezione che le ispira è in tutte pressoché uguale. Basta dunque prenderne una, per avere l’idea del tutto, come in questo articolo1, il cui titolo immagina un possibile incontro tra Lenin e Casaleggio.

Si parte dal presupposto che siamo nell’era digitale, la quale impone «processi di trasformazione organizzativa di respiro globale, finalizzati alla re-invenzione della formapartito nel ventunesimo secolo». E già in questa roboante terminologia c’è tutto l’ingenuo futurismo che ispira queste riflessioni. L’era digitale è il fatto feticcio con la freccia rivolta verso un generico ma irresistibile futuro che non potrà che divorare il passato. Perciò le formazioni politiche tradizionali o si adeguano o finiranno nell’irrilevanza. Non è una critica, ma un memento. Ancor prima di pensarlo, l’oggetto è già morto, perché la vita è altrove. Dove? Nel partito digitale. Posta la premessa, segue la tautologia: se siamo nell’era digitale, il partito deve essere digitale. Non può esistere dunque il partito che si interroga sull’era digitale, la mette in discussione, la critica e le si rivolta contro. No, questo significa votarsi all’irrilevanza. E come deve essere, allora, questo fatale partito digitale? «Il partito digitale, o più propriamente partito-piattaforma, traduce nello spazio politico la logica delle piattaforme digitali dell’era delle app e dei social media, con il loro modello di iscrizione gratuita, finalizzata alla raccolta di dati e alla misurazione costante della temperatura dell’opinione pubblica; la loro offerta di disintermediazione radicale nella comunicazione pubblica; e la loro costruzione di uno spazio di interazione collettiva sostenuto da algoritmi sempre più complessi».

Ecco incosapevolmente enunciato, in un linguaggio neutro, febbrile e luccicante, il fascismo del XXI secolo. Gli iscritti, che non pagano nulla perchè ci pensa la pubblicità a irregimentarli nel partito digitale, diventano una sfaccettatura dell’opinione pubblica, la quale non ha bisogno di apparati per formarsi ed esprimersi, poiché lo spazio digitale consente la connessione immediata tra base e vertice. Dalla “connessione sentimentale” dei partiti tradizionali, alla “connessione algoritmica” del partito digitale. Da Gramsci a Grillo. Dal dramma alla farsa.

Un’osservazione più ravvicinata merita lo spazio di interazione collettiva. Qui sembrerebbe ancora sussistere un residuo filtro democratico. Ma non è così. Il cambiamento è rivoluzionario. E quindi «l’assemblea nazionale dei delegati del vecchio partito massa viene sostituita dalla piattaforma, ovvero dall’assemblea diretta e permanente di tutti gli iscritti». Inoltre, «le unità di base non sono più spazi di decisione», come nelle vecchie sezioni del defunto partito massa, ma piuttosto «spazi di dibattito e azione, che si fanno carico di sostenere praticamente la linea collettiva decisa dal partito e di adattarla alle condizioni locali».

Come si vede, di interazione non c’è un bel nulla, e dibattito è una parola usata a sproposito. C’è bensì l’algoritmo, ma che sostiene un flusso unidirezionale dal vertice alla base, la quale deve solo agire entro i confini fissati dall’alto, altrimenti scatta l’espulsione, sancita ovviamente dalla consultazione on line. Assemblea diretta e permanente, dunque, come attivismo del tutto subalterno al vertice del partito in cui, come si ammette, «un iperleader, un leader eccessivo, carismatico e plebiscitario, diventa l’hub del sistema-rete, luogo di ancoramento organizzativo e di sintesi politica della volontà cangiante della superbase, degli iscritti digitali chiamati di volta in vota a esprimersi nelle consultazioni online».

Anche qui, linguaggio frenetico e iperbolico che, sotto le spoglie di una pseudo-critica, non riesce a nascondere il fascino verso forme autoritarie sperimentate nel passato, ma che la tecnologia digitale rende di nuovo attraenti e irresistibili. Non meraviglia perciò che le conclusioni siano una esaltazione dell’esistente: «il sistema di consultazione adottato dai 5 Stelle sarà pure limitato e talvolta anche manipolato indirettamente dalla leadership e dal famoso “staff”. Ma quanto meno è un sistema che prefigura la possibilità di una nuova forma-partito che faccia i conti con le trasformazioni radicali della nostra società». E ancora: «il partito digitale offre un modello per ripensare che cosa significa la democrazia delle organizzazioni e ridurre la distanza tra cittadini e i loro rappresentanti».

È un pensiero senza uscita, una stanza dove non ci sono porte e finestre. Il partito digitale porta alla morte della democrazia, al rapporto fideistico e unilaterale tra base e vertice, alla dittatura di uno pseudo-leader manovrato da un’azienda che manipola la rete, ma è il nuovo, il nuovo che ha successo, e questo basta. In realtà, l’algoritmo, il digitale, la rete, sono solo giustificazioni di un nuovismo che si esaurisce nella considerazione ossessiva dei mezzi, ma vive nell’incultura completa dei fini. Non siamo infatti oltre la destra e la sinistra? Come se destra e sinistra fossero un fatto di natura, e non una scelta con cui orientare il proprio agire. Il partito digitale si riduce perciò all’organizzazione, che non ha bisogno di una presa di coscienza critica, ma si nutre di tecnica organizzativa, poiché il suo scopo è afferrare il potere. La prova è che il M5S, nato proclamando istericamente di voler stare per sempre all’opposizione, alla prima curva ha puntato dritto al governo. Al governo di una società, il cui cambiamento strutturale, roba da vecchia sinistra defunta, non rientra nel suo programma. Perciò, se Lenin incontrasse Casaleggio, gli chiederebbe beffardo: Gianroberto, ma quando la farai mai questa rivoluzione?

  1. P. Gerbaudo, Se Lenin incontrasse Casaleggio: il partito digitale oltre i limiti dei 5 Stelle, http://temi.repubblica.it/micromega-online/se-lenin-incontrasse-casaleggio-il-partito-digitale-oltre-i-limiti-dei-5-stelle/ []