Alla luce della mobilitazione dei gilet gialli in Francia, ripropongo con qualche aggiornamento una nota pubblicata qui già due anni fa sull’auto senza pilota e i suoi inevitabili ma poco considerati risvolti sociali.
Tempo fa, in uno di quei fervidi articoli che descrivono il più roseo dei futuri, si poteva leggere quanto segue:
«Oggi è una frase da ricchi: “Manda l’auto a prendermi in azienda”. Domani potrebbe essere una frase di tutti»1.
Posto che nel mondo di domani non esisteranno individui che non lavoreranno in azienda, ecco lo scenario di vita quotidiana che il giornalista prospettava:
«Luisa si sveglia alle sette fa colazione, sale in auto e si fa trasportare in ufficio mentre consulta il tablet. Non ha bisogno di parcheggiare. L’auto torna immediatamente a casa da sola. L’attendono il marito di Luisa, Michele, e il piccolo Luigi. Il figlio saluta il padre, sale in auto e va a scuola. Durante il tragitto ripassa la lezione. Quando Luigi scende, l’auto torna a casa. Sale Michele che va a fare commissioni. Questo è il periodo della giornata in cui l’auto senza guidatore viene utilizzata in modo quasi tradizionale. E’ chiaro che mentre si sposta da una destinazione all’altra Michele può leggere e sbrigare faccende senza preoccuparsi del percorso e dei semafori. Ma l’auto si sposta sempre con lui fino a quando torna a casa, all’ora di pranzo. Mentre il padre prepara da mangiare l’instancabile automobile torna da sola a scuola a prendere Luigi e riportarlo a casa. In serata sarà ancora l’automobile vuota ad andare in azienda, prelevare Luisa e riconsegnarla sotto il suo appartamento».
Fantastico! Uno scenario che più politicamente corretto non si può. È madamin Luisa che va in ufficio, mentre il sciur padre è un casalingo, magari che telelavora. E Michele e Luisa hanno un solo figlio. Maschio. Perfetto. È il mondo di oggi nell’illusione della pubblicità, ma proiettato nel domani, quando ci sarà l’auto senza pilota. L’auto senza pilota che i demiurghi di Google stanno ideando per noi. Un mondo dove tutti sono ricchi, ma con una tale levità da poter farsi venire a prendere tutti quanti dalla macchina a fine giornata. Un mondo in pace con l’uguaglianza, l’ecologia e l’economia. Spiegava ancora l’articolista che l’auto senza pilota applica alla perfezione una delle regole di base dell’economia:
«il capitale investito deve essere utilizzato il più possibile per essere ammortizzato in fretta. Lasciare un’auto parcheggiata otto ore sotto l’ufficio è uno spreco di capitale. Non solo e non tanto perché si paga la tariffa del parcheggio ma perché acquistando un’auto si spendono decine di migliaia di euro per comperare l’opportunità di spostarsi e non ha senso economico sfruttarla solo due volte al giorno».
Non fa una grinza. Basta entrare nell’ordine di idee che spostarsi equivale a spostarsi con l’auto privata. Che male c’è? La mobilità automatizzata, cioè l’auto privata con il pilota automatico, non è uno scherzo. Si è mossa la banca Barclays a studiare il progetto, dal cui rapporto provengono le oggettive informazioni che il bravo articolista sta bravamente contribuendo a diffondere. E quando si muove una banca, vuol dire che presto il sogno sarà incubo, cioè realtà. Barclays ha calcolato l’effetto che l’auto senza pilota avrà sulla produzione di automobili. Pare che dei 33 stabilimenti americani GM e Ford, ne resteranno 17. Sarà una bella lotta (intercapitalistica) tra gli inopinati giganti sbucati dal web e i dinosauri delle automobili tradizionali. E di Luisa e Michele, e del loro figlio Luigi, che ne sarà? Quel desiderio di ricchezza media levitante sulle ruote leggere di un’auto senza pilota si realizzerà? Dipende. Come spiegava sempre l’articolista,
«gli analisti prevedono che il cambiamento sarà graduale. Inizierà prima nelle grandi città e solo successivamente arriverà nelle campagne. Ma sarà inevitabile. Soprattutto se nei grandi centri urbani la mobilità automatica sarà incentivata da permessi di accesso non consentiti alle auto tradizionali».
Ma poter farsi venire a prendere dall’auto senza pilota non doveva essere alla portata di tutti? Gradualmente. Peppino, Ignazia e Alfiuccio, che coltivano patate e mungono caprette in un agro lontano dalla grande città, dovranno aspettare un pochino, diciamo qualche generazione, e se vorranno venire in città con la loro fetida automobile diesel, dovranno lasciarla in un malfamato parcheggio a ore, e pagare una bella tassa di accesso. Che strano questo progresso capitalistico dietro le cui invenzioni futuristiche occhieggiano usi feudali! E che maleducati questi villici con il gilet giallo che protestano per gli incentivi all’auto elettrica, cugina dell’auto senza pilota, e rifiutano di rottamare la loro vecchia, fetida auto diesel!
- P. Griseri, L’auto senza pilota. Ne basterà una sola per tutta la famiglia e circolerà il doppio, ‘la Repubblica”, 17.1.2016, p. 21. [↩]