Tsipras, l’euro, Lenin e l’egemonia di Gramsci

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Il 73% dei greci che, secondo un sondaggio di neanche un mese fa1, continua ad essere favorevole alla permanenza della Grecia nell’Eurozona, cioè a favore dell’euro, è un fatto che si tende a scacciare come si fa con una mosca noiosa. Eppure è la spia di quell’egemonia di fatto in cui uguali e diseguali, ricchi e poveri, agiati e disagiati continuano a nutrire lo stesso sogno di opulenza, conto in banca e brio social che l’euro promette, coloro che già lo vivono o lo hanno vissuto affinché continui, e coloro che non lo hanno mai vissuto affinché si realizzi. A quanto pare, Syriza ha pure pensato a più o meno confusi piani B, compreso un assalto alla Banca centrale greca degno di un film di Sergio Leone, ma alla fine Tsipras è rimasto nel recinto del “mito europeo”, sforzandosi di far credere di poter trasformare il desiderio di opulenza, conto in banca e brio social in pratiche “virtuose” di ricchezza collettiva, espresse però sempre in euro. Ma la moneta non è un puro significante, di cui si può cambiare a piacimento il riferimento. Essa viene partorita dalle stesse doglie che generano il significato, cioè la struttura dell’economia che fa dell’opulenza, del conto in banca e del brio social delle manifestazioni di superficie di un individualismo profondo, che a sua volta è matrice di quell’assetto economico. Di fronte a questa compatta autoregolazione, Syriza, sin dal suo programma elettorale, ha mimato le movenze del Lenin del 1917, che riteneva che la disciplina burocratica di un’azienda statale come la Posta, assunta a modello per tutta l’economia nazionale, si sarebbe automaticamente rovesciata in una più alta disciplina sociale di tipo comunista2. Ma si sarebbe ormai dovuto comprendere che gli schemi comportamentali dell’egemonia di fatto non sono trasportabili sic et simpliciter nel “nuovo mondo”, le cui nuove abitudini vanno invece prodotte ex novo, con “dialoghi”, ovvero specifici processi di produzione sociale della nuova intersoggettività. Si osserva che la fuoriuscita dall’euro e il ritorno alla dracma era lo stesso obiettivo che si ponevano i liberisti assoluti à la Schäeuble3. Ma una cosa è essere cacciati dall’euro e un’altra è ripudiare l’euro. L’esito referendario, utilizzato senza machiavellismi, avrebbe potuto assumere il valore catartico di una fuoriuscita collettiva dalla bolla cognitiva dell’invidualismo, in grado di fornire l’energia necessaria a prevenire quella “verticalizzazione” del movimento che giustamente ora si stigmatizza4. Ma Tsipras è stato mai veramente interessato a trasformare la massa che esprime passivamente il dato statistico del 73% di favorevoli all’euro, in una collettività di individui che interagiscono attivamente in direzione di nuovi comportamenti che nessuna statistica può ancora prevedere? Sulla scena si affaccia ora Corbyn che, in Inghilterra, nel tentativo di rianimare il Labour Party dal lungo coma blairiano, propone un quantitative easing “per il popolo”5. Ma basta un cambiamento di segno delle vecchie pratiche dell’egemonia di fatto per innescare nuove pratiche di ricchezza sociale? L’impressione è che il semplice cambiamento di segno di tecniche e pratiche dell’egemonia in atto sia l’automatismo di una sinistra, o comunque di un “movimento”, che ha difficoltà ad andare oltre gli schemi rivoluzionari dei padri. Così, il buon Tsipras, con il compromesso firmato invocando Lenin6, ha creduto di dover riprodurre sotto il Partenone gli avanti e indré del grande Ilič, dimenticando la lezione intanto intervenuta dell’egemonia, che dovrebbe essere ormai l’abc di chi è interessato ad “orizzontalizzare” la politica. La posa leninista di Tsipras, invece, ha sprecato una preziosa occasione di passare dai sogni e dalle abitudini dell’inveterata egemonia di fatto, alla presa di coscienza della nuova egemonia produttrice di una realtà radicalmente altra, in grado di superare la matrice individualistica con cui Tsipras invece, in nome di un principio di realtà economica prodotto da quella stessa matrice, è venuto di nuovo a patti. L’obiezione è che il “passaggio” dalla vecchia alla nuova egemonia avrebbe provocato e distribuito solo miseria e privazioni, in uno stato di isolamento della Grecia che sarebbe presto divenuto insostenibile. Ma il compromesso accettato da Tsipras, mentre prolunga l’equivoco dell’eurosogno, procura hic et nunc una ulteriore discesa verso più forti diseguaglianze e crescenti miserie, per quanto compensate dall’acquolina in bocca della “fantasia” individualistica, che promette future risalite di uno zero virgola di prodotto interno lordo. Il risultato, dunque, non cambia, e per di più non innova “tecnicamente” la politica, anzi, ancora una volta, la riduce a quel “gioco autonomo” che alimenta l’estraneità tra governati e governanti, i primi oggetto passivo di decisoni prese altrove, i secondi accomunati dal feticcio dei rapporti di forza. Il no referendario ha offerto a Tsipras l’occasione di essere un politico della nuova egemonia, che agisce non accomodandosi al dato statistico, ma stimolando la base sociale che in esso si riflette a divenire protagonista di un “nuovo gioco” statisticamente non prevedibile. Egli invece ha scelto di essere uno stucchevole epigono di un leninismo così scolastico, se non furbesco, da rovesciarsi in una piatta politica “socialdemocratica”, proprio quella che i turiferari dell’egemonia in atto gli rimproveravano di non sapere incarnare, quando ancora titubava a buttarsi nelle braccia rassicuranti del vecchio che ristagna7.

  1. Grecia, Syriza vola nei sondaggi: se si votasse oggi, avrebbe il 42,5% e maggioranza assoluta []
  2. Lenin, Stato e rivoluzione, p. 25, []
  3. Cristian Marazzi sul “manifesto” del 14 agosto 2015, p. 14 []
  4. Sempre Cristian Marazzi sul “manifesto” del 14 agosto 2015, p. 14 []
  5. J. Corbyn, Invest in our future, 8.7.2015. []
  6. Interview with Alexis Tsipras: “Austerity is a Dead End”, traduzione dell’intervista rilasciata da A. Tsipras il 29 luglio 2015 a Radio Sto Kokkino. []
  7. E. Occorsio, Nouriel Roubini: “Grexit, scampato pericolo, sarebbe stato un disastro e avrebbe contagiato anche Italia e Francia”, “la Repubblica”, 14 luglio 2015. []