Archive for Francesco Aqueci

Pacificazione

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Il tema della pacificazione tiene banco. Ma su cosa si potrebbe convergere? Per cercare di capirlo, nell’aprile scorso, al tempo della formazione dell’attuale governo delle cosiddette larghe intese, il Presidente della Repubblica insediò la Commissione dei Dodici Saggi, alle cui proposte si ispira la commissione dei Trentasei Esperti insediata poi dai Presidenti delle Camere, che dovrà formulare proposte per la Commissione dei Quaranta Parlamentari (venti senatori e venti deputati) prevista dal ddl costituzionale, che dovrà sottoporre tali proposte al voto del Parlamento. Insomma. roba da fare individa all’Atene del V secolo, dove dai Cinquemila si passò ai Quattrocento poi ai Trenta, e infine ai Dieci. E, allora, anche noi scegliamo un numero, quello magari storicamente più evocativo, un ipotetico Consiglio dei Trenta, composto senza far torto a nessuno, perché tutti sono figli di Dio, da dieci rappresentanti delle innumerevoli eterie italiane, mafie, massonerie, pezzi di Stato deviato, Vaticano nero, ecc., dieci rappresentanti della vecchia “Italia nata dalla Resistenza”, e dieci rappresentanti della nuova Italia, i delusi dei vecchi schieramenti ma soprattutto gli arrabbiati del “merito”, della “lotta agli sprechi”, dell’abolizione della “casta”. Per che fare? Beh, potrebbero cominciare a porsi le seguenti domande, cercando di trovare le possibili risposte: pagare gli interessi su un debito pubblico di fatto inestinguibile? Ricusare il fiscal compact? Sottrarsi agli “accordi” internazionali sulle spese militari e sulle “missioni di pace”? Continuare a salassare il popolo per perseguire le ambizioni “europee” e “globali” di una ristretta cerchia politico-economica che ha identificato il proprio destino con il destino nazionale?

Epilogo?

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Per Bobo Craxi, intervistato oggi dal “Fatto quotidiano”, p. 4, il padre Bettino «fu il capro espiatorio di un intero sistema. Finanziamento volgarmente illegale ai partiti, prassi che seguivano tutti dal 1945. Il pool di Mani pulite era una giunta militare e mio padre fu cacciato come hanno fatto i generali egiziani con Morsi». Invece, nel caso odierno di Berlusconi, «non sta crollando un sistema. C’è un uomo che ha consumato la sua parabola e paga colpe e incapacità personali. Un caso singolare e al singolare. Non c’è alcuna giunta militare che lo vuole cacciare. Non c’è una guerra come quella tra il ’92 e il ’94». Così dicendo, Bobo Craxi, e i tanti che la pensano come lui, mostrano di non capire che se in Italia il nuovo millennio non è mai cominciato, è perché Berlusconi, essendo il figlio prediletto di quel sistema di cui Bettino Craxi fu l’ultimo dominus, ha impedito che la sua crisi si risolvesse in un senso o nell’altro, ovvero o con una violenta esplosione di capitalismo assoluto, come nell’Inghilterra thatcheriana degli anni Ottanta, oppure con un rinnovamento dello Stato, quale base di un nuovo rapporto sociale tra economia e politica. L’unica strada che si è potuta seguire è stata quella della scommessa, tanto ambiziosa quanto velleitaria, di un’élite di “illuminati” sul tavolo del grande gioco della politica europea, ritenendo che l’Europa potesse raddrizzare il legno storto italiano. Ma l’Europa non era la trasmutazione di tutti i valori, bensì un campo di forze dove il mondialismo, assunto da una Germania tornata alla (pre)potenza di un tempo, ha trovato uno spazio inopinato solo per chi sottovaluta l’occlusione economica del mondo contemporaneo. Si è aperta così la frattura dei Pigs, dai diktat all’Irlanda risvegliatasi bruscamente dal frizzante sogno speculativo, alla lettera della BCE allo screditato governo Berlusconi, agli esperimenti budgettari in corpore vili di una Grecia socialmente desertificata, cui le sue élites si adeguano con un servilismo che è il contrappasso del patriottismo ottocentesco che contraddistinse questa sfortunata nazione. Paradossalmente, dunque, per l’Italia, il berlusconismo, a dispetto dei suoi proclami verbali e delle sue leggi Biagi, per altro scritte con l’inchiostro di una sinistra pervertita dal miraggio gestionale, è stato ed è un freno al capitalismo assoluto, così come hanno intuito gli analisti della JP Morgan, quando politologicamente hanno denunciato le tecniche clientelari di costruzione del consenso che sfociano nei populismi. Il prezzo però è stato il trionfo generalizzato del “particulare”, in cui la corruzione di tutti era tollerata e promossa nella misura in cui coincideva con la garanzia e la crescita degli interessi personali dell’Unico. Siamo all’epilogo? Potrà una sentenza della Cassazione, quale quella che si aspetta per il caso Mediaset, a fine luglio, essere il colpo di pistola finale che la «giunta militare» togata del ’92-’94 non ebbe la forza o l’occasione di esplodere? E in che direzione si uscirà dalla palude, nel senso di una totale estraneazione nei canoni del capitalismo euroatlantico, oppure con la riscoperta di una nuova “socialità”, cui potrebbe concorrere non solo la sinistra, non più vergognosa delle sue passate tradizioni, ma anche il cattolicesimo rivitalizzato dal gesuita che si rifà alla semplicità francescana?

Liberatori

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Oggi, su “la Repubblica”, p. 34, Francesco Bei segnala alcuni libri che ripercorrono con nuove testimonianze lo sbarco angloamericano in Sicilia, nel luglio del ’43. Ecco una di queste testimonianze, riguardante la cosiddetta battaglia di Biscari, dal nome dell’aereoporto di una località del ragusano: «Gli avieri italiani, aiutati da qualche elemento della “Goering”, si trincerano all’aeroporto di Biscari e ingaggiano quella che viene ricordata come la più dura battaglia della campagna siciliana. Al termine il tenente li raduna nell’ultimo avamposto: “Avieri, vi siete battuti bene”. Ne restano vivi meno di 40. Si arrendono e vengono consegnati al sergente Horace West, che li dispone in fila lungo un fossato. L’aviere Giuseppe Giannola viene ferito a un braccio e alla testa. Ma la sua giornata gli riserva un’altra tragica sorpresa. Medicato da un’ambulanza militare, aspetta la sorte sul ciglio della strada: “È arrivata una Jeep con tre soldati. Quelli davanti sono scesi: penso mi avessero scambiato per uno di loro. Mi parlavano sorridendo, poi si sono accorti che non capivo. Li ho visti guardarsi in faccia: quello con il fucile ha indicato all’altro la Jeep, lo ha mandato via. È rimasto solo, in piedi, di fronte a me. Io ero seduto, lui mi fissava. Poi ha imbracciato il Garand, ha mirato al cuore e ha sparato”. Eppure, miracolosamente, Giannola “resuscita” una seconda volta perché il proiettile non colpisce organi vitali». West, processato poi negli Stati Uniti, si difese affermando che «avevamo l’ordine di prendere prigionieri solo in casi estremi». Fu condannato, graziato e reintegrato in servizio come soldato semplice. Ed ecco l’ordine, direttamente, dal generale Patton: «Se si arrendono quando tu sei a 2-300 metri da loro, non pensare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola e poi spara. Si fottano. Nessun prigioniero». Avendo sparato da una distanza inferiore ai 2-300 metri, si può dire tecnicamente che il sergente West disobbedì agli ordini. All’epoca, Apocalypse Now fu un onesto tentativo di riflessione “metafisica” su questa follia omicidiaria al servizio di una implacabile volontà di potenza, all’opera immutata nella Sicilia del ’43 come nel Vietnam degli anni Settanta, nell’aggressione all’inerme Grenada degli anni Ottanta come nell’Afghanistan e nell’Iraq dell’inizio del nuovo Millennio. Ma tutto il lavoro resta ancora da fare, perché è difficilissimo divincolarsi dal punto di vista del “liberatore”, introiettato dai “liberati”, su cui si fondano ideologie, tra cui lo stesso antifascismo, che hanno accomunato vittime e carnefici, assolvendo gli uni e imponendo alle altre di giustificare la violenza subita in nome di valori universali. E viene in mente La ciociara di Moravia che, sotto la generica denuncia della violenza della guerra, è una riflessione precocissima su una potenza che stupra il mondo, annichilendo le sue vittime, costrette poi ad un’esistenza deumanizzata, dove il flusso generale delle merci può scorrere senza più l’impaccio dei minuti scambi dei mondi particolari. Quando gli analisti di JP Morgan denunciano le Costituzioni antifasciste dei paesi del Sud Europa come fattori di rallentamento di tale flusso, si arriva al paradosso che l’antifascismo, già ideologia che occulta alle vittime il proprio massacro, non può più essere tollerato neanche in questa estrema funzione anestetica. È giunta l’ora, infatti, che il vinto si stacchi definitivamente dalla sua essenza, di cui un’ombra residuava nell’ideologia che l’accomunava al vincitore, e pervenga alla “novità categoriale” di un mondo senza storia. C’è da chiedersi perciò se, di fronte alla “smisuratezza” del vincitore, non sia venuto il momento per il vinto di denunciare l’impostura di un complesso ideologico – l’antifascismo, la libertà americana, il consumo – che, se nell’asservimento gli ha regalato una parvenza di umanità, gli chiede ora di estraniarsi del tutto da sé.

I morsi della dialettica

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Dal fronte mediorientale, altre danze della dialettica. Dapprima il popolo ha spodestato il despota che da trent’anni lo opprimeva. Ma le forze per quest’impresa non vennero solo dai morsi della fame, come opinavano i soliti materialisti della “base economica”, o dalle magie della rete, come declamavano i dinoccolati semiotici postmoderni, ma anche e forse principalmente dall’energia accumulata in ottant’anni di opposizione dai Fratelli musulmani. Fu un bel vedere, allora, insediarsi un presidente della Fratellanza, dal nome Morsi, ma non di fame, bensì di libertà. La libertà che i Fratelli portarono, però, se liberò dal giogo subalterno di una geopolitica ormai indebolita e screditata, (il bel discorso di Obama al Cairo non fu un proclama a gratis!), si rovesciò ben presto nella minaccia della possibile tirannia di una norma avvertita come troppo costrittiva rispetto ai dolci frutti che, sotto il tallone del despota, il processo economico assicurava ai pochi e faceva intravvedere ai molti. Insomma, la (maldestra) pretesa della Fratellanza, non tanto e non solo di imporre barbe e chador, ma di irreggimentare lo “sfrenato movimento” dei locali animal spirits, si rivelò impopolare, e come un automata delle forze produttive l’esercito tornò allora a dare le carte. Giù Morsi, e di nuovo parola al popolo. Adesso gli egiziani sono, se non all’ultimo, certo di fronte al bivio decisivo: dare corso alla smisuratezza crematistica che, nuova subalternità, inserisca il paese nell’attuale equilibrio mondiale di capitalismo assoluto, (el Baradei è lì pronto a rendere i suoi servigi), oppure scegliere la misura della comunità, che metta la produzione al servizio di una effettiva autonomia politica. Che Allah li illumini.

Morales

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Francia e Portogallo negano lo spazio aereo al presidente boliviano Morales in volo da Mosca verso il suo paese, costretto così a scendere a Vienna e a restarvi per più di dieci ore. Si sospettava che Snowden, l’ex-analista della NSA che ha rivelato i metodi spionistici americani ai danni dei paesi dell’Unione Europea, fosse a bordo. Ma chi lo sospettava? Francia e Portogallo? E, in quanto membri dell’UE, non sono parte lesa? Dunque, per conto di chi lo sospettavano? Evidentemente, per conto degli americani. Ma la verità l’ha detta la radicale, non violenta, transanazionale Emma Bonino, assurta finalmente, dopo tanti scioperi della fame, a un ministero che si rispetti, il ministero degli Esteri. Signori, ci ha spiegato la pasionara del digiuno, non è carino spiare gli altri. Insomma, è un giochino che facciamo tutti, e non è bello che questo nesci di Snowden lo proclami a tutto il mondo come se fosse la violazione di chissà quale libertà. In effetti, viene solo da ridere a pensare che Obama possa coartare la libertà della Merkel, e certo viene da piangere a pensare che il Portagollo, un paese praticamente alla fame, sia costretto a negare il transito a un capo di stato legittimamente eletto, ancorché appartenente ai paria del Sud America, per poter continuare a sedersi al tavolo di coloro che lo affamano. Queste simpatiche dinamiche, come potemmo dire, intercapitalistiche, nel 1914 sfociarono in quella che un Papa definì, con formula felice, l’inutile strage. Con la Cina che giganteggia dall’altro lato del mondo, impensabile oggi un simile esito, ma certo questi sono i momenti in cui i “democratici” che ci governano, di qua e di là dell’Atlantico, mostrano senza veli il loro autentico volto da gangster.