Il tema della pacificazione tiene banco. Ma su cosa si potrebbe convergere? Per cercare di capirlo, nell’aprile scorso, al tempo della formazione dell’attuale governo delle cosiddette larghe intese, il Presidente della Repubblica insediò la Commissione dei Dodici Saggi, alle cui proposte si ispira la commissione dei Trentasei Esperti insediata poi dai Presidenti delle Camere, che dovrà formulare proposte per la Commissione dei Quaranta Parlamentari (venti senatori e venti deputati) prevista dal ddl costituzionale, che dovrà sottoporre tali proposte al voto del Parlamento. Insomma. roba da fare individa all’Atene del V secolo, dove dai Cinquemila si passò ai Quattrocento poi ai Trenta, e infine ai Dieci. E, allora, anche noi scegliamo un numero, quello magari storicamente più evocativo, un ipotetico Consiglio dei Trenta, composto senza far torto a nessuno, perché tutti sono figli di Dio, da dieci rappresentanti delle innumerevoli eterie italiane, mafie, massonerie, pezzi di Stato deviato, Vaticano nero, ecc., dieci rappresentanti della vecchia “Italia nata dalla Resistenza”, e dieci rappresentanti della nuova Italia, i delusi dei vecchi schieramenti ma soprattutto gli arrabbiati del “merito”, della “lotta agli sprechi”, dell’abolizione della “casta”. Per che fare? Beh, potrebbero cominciare a porsi le seguenti domande, cercando di trovare le possibili risposte: pagare gli interessi su un debito pubblico di fatto inestinguibile? Ricusare il fiscal compact? Sottrarsi agli “accordi” internazionali sulle spese militari e sulle “missioni di pace”? Continuare a salassare il popolo per perseguire le ambizioni “europee” e “globali” di una ristretta cerchia politico-economica che ha identificato il proprio destino con il destino nazionale?
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Epilogo?
Per Bobo Craxi, intervistato oggi dal “Fatto quotidiano”, p. 4, il padre Bettino «fu il capro espiatorio di un intero sistema. Finanziamento volgarmente illegale ai partiti, prassi che seguivano tutti dal 1945. Il pool di Mani pulite era una giunta militare e mio padre fu cacciato come hanno fatto i generali egiziani con Morsi». Invece, nel caso odierno di Berlusconi, «non sta crollando un sistema. C’è un uomo che ha consumato la sua parabola e paga colpe e incapacità personali. Un caso singolare e al singolare. Non c’è alcuna giunta militare che lo vuole cacciare. Non c’è una guerra come quella tra il ’92 e il ’94». Così dicendo, Bobo Craxi, e i tanti che la pensano come lui, mostrano di non capire che se in Italia il nuovo millennio non è mai cominciato, è perché Berlusconi, essendo il figlio prediletto di quel sistema di cui Bettino Craxi fu l’ultimo dominus, ha impedito che la sua crisi si risolvesse in un senso o nell’altro, ovvero o con una violenta esplosione di capitalismo assoluto, come nell’Inghilterra thatcheriana degli anni Ottanta, oppure con un rinnovamento dello Stato, quale base di un nuovo rapporto sociale tra economia e politica. L’unica strada che si è potuta seguire è stata quella della scommessa, tanto ambiziosa quanto velleitaria, di un’élite di “illuminati” sul tavolo del grande gioco della politica europea, ritenendo che l’Europa potesse raddrizzare il legno storto italiano. Ma l’Europa non era la trasmutazione di tutti i valori, bensì un campo di forze dove il mondialismo, assunto da una Germania tornata alla (pre)potenza di un tempo, ha trovato uno spazio inopinato solo per chi sottovaluta l’occlusione economica del mondo contemporaneo. Si è aperta così la frattura dei Pigs, dai diktat all’Irlanda risvegliatasi bruscamente dal frizzante sogno speculativo, alla lettera della BCE allo screditato governo Berlusconi, agli esperimenti budgettari in corpore vili di una Grecia socialmente desertificata, cui le sue élites si adeguano con un servilismo che è il contrappasso del patriottismo ottocentesco che contraddistinse questa sfortunata nazione. Paradossalmente, dunque, per l’Italia, il berlusconismo, a dispetto dei suoi proclami verbali e delle sue leggi Biagi, per altro scritte con l’inchiostro di una sinistra pervertita dal miraggio gestionale, è stato ed è un freno al capitalismo assoluto, così come hanno intuito gli analisti della JP Morgan, quando politologicamente hanno denunciato le tecniche clientelari di costruzione del consenso che sfociano nei populismi. Il prezzo però è stato il trionfo generalizzato del “particulare”, in cui la corruzione di tutti era tollerata e promossa nella misura in cui coincideva con la garanzia e la crescita degli interessi personali dell’Unico. Siamo all’epilogo? Potrà una sentenza della Cassazione, quale quella che si aspetta per il caso Mediaset, a fine luglio, essere il colpo di pistola finale che la «giunta militare» togata del ’92-’94 non ebbe la forza o l’occasione di esplodere? E in che direzione si uscirà dalla palude, nel senso di una totale estraneazione nei canoni del capitalismo euroatlantico, oppure con la riscoperta di una nuova “socialità”, cui potrebbe concorrere non solo la sinistra, non più vergognosa delle sue passate tradizioni, ma anche il cattolicesimo rivitalizzato dal gesuita che si rifà alla semplicità francescana?
I morsi della dialettica
Dal fronte mediorientale, altre danze della dialettica. Dapprima il popolo ha spodestato il despota che da trent’anni lo opprimeva. Ma le forze per quest’impresa non vennero solo dai morsi della fame, come opinavano i soliti materialisti della “base economica”, o dalle magie della rete, come declamavano i dinoccolati semiotici postmoderni, ma anche e forse principalmente dall’energia accumulata in ottant’anni di opposizione dai Fratelli musulmani. Fu un bel vedere, allora, insediarsi un presidente della Fratellanza, dal nome Morsi, ma non di fame, bensì di libertà. La libertà che i Fratelli portarono, però, se liberò dal giogo subalterno di una geopolitica ormai indebolita e screditata, (il bel discorso di Obama al Cairo non fu un proclama a gratis!), si rovesciò ben presto nella minaccia della possibile tirannia di una norma avvertita come troppo costrittiva rispetto ai dolci frutti che, sotto il tallone del despota, il processo economico assicurava ai pochi e faceva intravvedere ai molti. Insomma, la (maldestra) pretesa della Fratellanza, non tanto e non solo di imporre barbe e chador, ma di irreggimentare lo “sfrenato movimento” dei locali animal spirits, si rivelò impopolare, e come un automata delle forze produttive l’esercito tornò allora a dare le carte. Giù Morsi, e di nuovo parola al popolo. Adesso gli egiziani sono, se non all’ultimo, certo di fronte al bivio decisivo: dare corso alla smisuratezza crematistica che, nuova subalternità, inserisca il paese nell’attuale equilibrio mondiale di capitalismo assoluto, (el Baradei è lì pronto a rendere i suoi servigi), oppure scegliere la misura della comunità, che metta la produzione al servizio di una effettiva autonomia politica. Che Allah li illumini.
Morales
Francia e Portogallo negano lo spazio aereo al presidente boliviano Morales in volo da Mosca verso il suo paese, costretto così a scendere a Vienna e a restarvi per più di dieci ore. Si sospettava che Snowden, l’ex-analista della NSA che ha rivelato i metodi spionistici americani ai danni dei paesi dell’Unione Europea, fosse a bordo. Ma chi lo sospettava? Francia e Portogallo? E, in quanto membri dell’UE, non sono parte lesa? Dunque, per conto di chi lo sospettavano? Evidentemente, per conto degli americani. Ma la verità l’ha detta la radicale, non violenta, transanazionale Emma Bonino, assurta finalmente, dopo tanti scioperi della fame, a un ministero che si rispetti, il ministero degli Esteri. Signori, ci ha spiegato la pasionara del digiuno, non è carino spiare gli altri. Insomma, è un giochino che facciamo tutti, e non è bello che questo nesci di Snowden lo proclami a tutto il mondo come se fosse la violazione di chissà quale libertà. In effetti, viene solo da ridere a pensare che Obama possa coartare la libertà della Merkel, e certo viene da piangere a pensare che il Portagollo, un paese praticamente alla fame, sia costretto a negare il transito a un capo di stato legittimamente eletto, ancorché appartenente ai paria del Sud America, per poter continuare a sedersi al tavolo di coloro che lo affamano. Queste simpatiche dinamiche, come potemmo dire, intercapitalistiche, nel 1914 sfociarono in quella che un Papa definì, con formula felice, l’inutile strage. Con la Cina che giganteggia dall’altro lato del mondo, impensabile oggi un simile esito, ma certo questi sono i momenti in cui i “democratici” che ci governano, di qua e di là dell’Atlantico, mostrano senza veli il loro autentico volto da gangster.