Archive for Francesco Aqueci

Una tipica alchimia

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A proposito di Federico Aldovrandi, il giovane morto a Ferrara, il 25 settembre del 2005, sotto le ginocchia di poliziotti molto zelanti nel loro intento di immobilizzarlo, Antonia Sani, su “il manifesto” di oggi, scrive che quell’«azione ignominiosa» è da spiegarsi con «la mentalità di molta parte dei cittadini ferraresi, mentalità che porta automaticamente al rifiuto di ogni trasgressione. E alla maniera dura per reprimerle». Questa mentalità, non sarebbe il frutto di un fascismo perenne, ma sarebbe da ascriversi a «60 anni di amministrazioni comunali, provinciali, di sinistra (o, come in passato venivano definite, “social-comuniste”). Almeno due generazioni di ferraresi si sono formate sotto queste amministrazioni. Amministrazioni che hanno saputo coltivare nella popolazione un forte senso dell’obbedienza ai superiori e all’ordine tradizionale». La Sani poi ancora scrive: «Nell’estate del 1985 frequentavo la piscina comunale, nella quale si succedevano continui divieti proclamati al microfono; addirittura nella serata di ferragosto l’uso della piscina fu sospeso perché un ragazzo aveva toccato una ragazza nell’acqua, cosa proibita da un comunicato. È di questi giorni la risposta di un taxista al quale chiedevo di lasciarmi in un certo luogo della Stazione: “sì, se non mi fa fare qualcosa che non posso fare”». Mi sembra una puntualizzazione non da poco. Il fascismo è stato anche educazione alla legge e all’ordine, ma era soprattutto guerra di classe. L’autoritarismo degli anni della Repubblica, invece, senza distinzione tra una prima e una seconda, è il costume, anche nelle sue punte puritane, funzionale al consumo capitalistico, una società pacificata dal compromesso keynesiano, dove in ogni ceto, specie negli antichi strati subalterni, la trasgressione è occultamente sollecitata come aspirazione morale, ma spietatamente repressa quando si materializza in un qualche comportamento che, specie se proveniente dai subalterni, possa minacciare l’esistenza della norma autoritaria. Bisogna prendere atto che la “Costituzione più bella del mondo” ha coperto questo verminaio autoritario, che prima aveva le fattezze presentabili e per bene della DC e del PCI, e poi, nell’ora del degrado, ha vestito i panni truci e volgari del leghismo e del berlusconismo. Rispetto a ciò, Grillo è la vischiosità del vecchio impastata con l’urgenza del nuovo, un antiautoritarismo intransigente generato da un autoritarismo parossistico. Una tipica alchimia di una crescita di cui nessuno si è saputo fare carico.

Un attore timido

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All’apice del successo, è come se Grillo si fosse bloccato. È andato al Quirinale, aveva una platea mondiale ai suoi piedi, ma lui zitto, all’entrata e all’uscita, si è fatta solo la solita foto col colombo in mano del provinciale che riesce a mettere piede nel posto esclusivo, e poi è fuggito nel suo triste van piccolo-borghese, infrangendo un bel po’ di regole stradali, e finendo così per scontentare i suoi fan più puristi, che invece dello spirito civico fanno un tratto distintivo del loro impegno cinquestellato. Strategie comunicative o la timidezza improvvisa di chi si trova a recitare una parte più grande di lui?

Il nuovo Papa

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Il nuovo Papa è il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, che ha preso il nome di Francesco, e si è presentato come il «vescovo di Roma». Ai diocesani di Roma, infatti, è andato il suo primo saluto. La Chiesa si affida al suo ordine più mondano, ma alludendo alla povertà, e ritraendosi un po’ dal perimetro largo dell’universalismo. Gioca, insomma, la carta più facile, una rinfrescata alle sue strutture economiche e di potere. Tranquilla com’è sul fronte sociale, dove pensa di poter incassare tutta la posta quando il capitalismo assoluto avrà fatto bancarotta, nulla lascia presagire che possa aprire su altri campi dove è fortissima la pressione delle forze antagoniste, in primis la religione sessuale.

Grillismo dopo il berlusconismo?

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Come nel berlusconismo, c’è sempre un problema di egemonia culturale e di direzione politica. Figure come Dario Fo, il prete di strada Don Gallo, lo scrittore Stefano Benni e l’autore di satira e di testi  teatrali Michele Serra, anche se quest’ultimo si è poi “perbenizzato”, una certa tradizione di cantautori esemplificata soprattutto da Giorgio Gaber, una rockstar come Adriano Celentano, hanno espresso negli anni, si potrebbe dire nei decenni, una matrice culturale che si è venuta man mano omogeneizzando attorno al valore della “dissacrazione”. È il popolo, apparentemente sciocco e a volte volutamente becero, che manda a quel paese la società “alta” e “per bene” e propone un mondo “basso”, vicino al “buco del culo” del nano cantato da Fabrizio De André, che emana cattivo odore ma che allo stesso tempo annusa il lezzo del marcio della realtà circostante. Il potere e l’alto sociale ne risultano spiazzati, perché non sono più contestati sul piano intellettuale del “dibattito pubblico”, ma ci si rivolta contro di loro non tanto “corporalmente”, bensì “corpamente”. Potere e alto sociale vengono cioè, per così dire, “spintonati”, “buttati a terra”, e potrebbero anche essere “brutalizzati”. Di qui, l’alone sulfureo di “rivoluzione” di cui il grillismo è circonfuso e che il suo capo abilmente evoca. Ma in quella matrice confluiscono anche elementi nuovissimi, come quello del “controllo razionale” di una scienza-tecnica sempre più manipolatrice, che però emerge in modo caricaturale, al limite del ridicolo, come nell’intervista televisiva al giovanissimo neo-deputato grillino, che racconta allarmato dei chips che già negli USA il “potere” metterebbe con dei pretesti sotto pelle ai cittadini per poterli manipolare, oppure emerge come aspirazione neo-elitistica di una cerchia di salvati che fugge nel lusso di resorts a prova di bomba atomica dalla nera sorte dei sommersi di una prossima terza guerra mondiale. Da notare che Grillo è stato pure lui un operatore dell’egemonia culturale, come star della comicità televisiva degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, e poi come autore teatrale, quest’ultima posizione assunta un po’ per scelta e un po’ per necessità, visto che l’oligopolio televisivo dominante, attestatosi sulla linea espressa dal motto  “cosce, culi e cazzate”,  l’aveva ostracizzato. Grillo poi passa alla direzione politica con lo sfruttamento del marketing e del social network (Casaleggio), con cui modella una nuova realtà politica, di cui i gruppi meetup sono la spina dorsale, e gli influencers e gli organizers le figure di un nuovo personale politico che, tramite le parlamantarie on line, è travasato negli eletti al Parlamento. Non tutto è virtuale, però, poiché questa nuova realtà politica ha avuto i suoi momenti di “verifica” nei meetings in piazza, in cui Grillo ha utilizzato il modulo hitlero-mussoliniano del comizio dell’istrione, e nelle performances personali del Capo, che hanno toccato l’acmé nell’attraversamento a nuoto dello Stretto di Sicilia. Adesso, ci si può anche aspettare che l’ex comico mangi la spada ed emetta fiamme dalle fauci, ma la frittata è fatta perché l’elemento di direzione politica ha avuto successo ed è penetrato nella rappresentanza politica, già debilitata dal botulino berlusconiano. Dunque, come nel 1994, anche nel 2013, la sinistra all’ultimo minuto perde le elezioni perché una nuova egemonia culturale, di cui si avvertivano i borborigmi, all’improvviso la sopravanza. Paga così un grosso prezzo per il perbenismo da establishment che da un buon ventennio le imbelletta il volto di una sgradevole ipocrisia. E saprà mai trovare la strada di quell’unità per cui tanto si batteva Gramsci?

Le dimissioni di Ratzinger

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Il programma in soli tre punti di una forza rivoluzionaria marziana che volesse innescare un rivolgimento profondo in Italia potrebbe essere 1) denunciare il debito pubblico, 2) abolire la pubblicità, 3) decapitare il Papa. La forza rivoluzionaria marziana è ben lontana dal venire, ma al punto terzo ci ha pensato da sé la Chiesa stessa, con le dimissioni del Papa. Lukács parlava della sorda resistenza che nel mondo contemporaneo le masse oppongono nella vita quotidiana a qualsiasi tentativo di dominarle tramite categorie religiose (Ontologia, vol. II, t. II, p. 723). Ratzinger ha risposto a questa resistenza con una autodecapitazione. Adesso, la situazione è di un corpo autoritario acefalo. È il primo caposaldo dell’assolutismo contemporaneo che salta. Però, non ci sono forze nuove che immediatamente occupino la scena improvvisamente vuota. La sorda resistenza delle masse prenderà coscienza di se stessa? Quel corpo autoritario acefalo si sfalderà in tanti castelli autonomi in lotta tra loro? Oppure le istanze di libertà riusciranno a farsi strada in quel corpo in sfacelo? La religione della merce subirà anch’essa un colpo? Lo sguardo non riesce ad andare oltre la speranza.