Il cesarismo plurale che ha caratterizzato per circa due anni la vita politica italiana, si sta avviando alla normalizzazione? Certo, Berlusconi sembra proprio infilzato, ma con Grillo la partita è già chiusa? Piangeva il cuore a vedere quei centotrenta voti buttati ai piedi di un nesci nominato dalla rete bizzosa, che però ha fatto comodo alla misteriosa dirigenza grillina, che ha potuto così trarsi fuori da una partita di cui non teneva il pallino in mano, perché anche se sin dall’inizio avessero votato Prodi, difficilmente i democratici si sarebbero divisi. La razionalità di questa strategia sta tutta in quell’incredibile venti per cento che i sondaggi continuano ad attribuire alla falange grillina, che spesso però dà l’impressione di tramutarsi in un’armata brancaleone. Ma cosa farne ora di questa massa di voti, prima che evaporino? Grillo si è incontrato con don Ciotti per discutere di reddito di cittadinanza. Se ne deve dedurre che l’iniziale ancoraggio alla piccola e media impresa, che faceva dei cinquestelle il partito del piccolo capitale, si sta allargando, forse con l’intento di egemonizzare quella “coalizione sociale” cui molti lavorano, anche sull’onda del successo di Tsipras, e che si dovrebbe contrapporre al “partito della nazione” che con l’elezione di Mattarella ha celebrato il suo successo. Ma i “cattolici democratici”, che ora possono farsi scudo addirittura di un papa come il gesuita argentino venuto dalla “fine del mondo”, si faranno rinchiudere così tanto facilmente in questo partito, che oggi appare come il comitato d’affari del capitalismo dei magnati? Inquieti e superbi come sono, c’è da dubitarne, e quindi anche nel “blocco nazionale” oggi trionfante le acque ribollono sotto una calma apparente, della quale l’ex sindaco di Firenze (non di più…) è pienamente consapevole. Quelli che invece appaiono del tutto senza prospettiva sono gli eredi del glorioso PCI, avendo aderito scriteriatamente nei decenni scorsi alla versione moderata, ma perciò tanto più stupida, dell’economicismo neoliberistico, ora in panne. Il loro cavallo era Giuliano Amato, e questo la dice lunga sull’arido politicismo cui si sono ridotti. Adesso sono alla mercé dei vecchi democristiani, che hanno soccorso agli inizi degli anni Novanta, svendendo il proprio patrimonio dottrinale, cui peraltro nessuno più credeva. Macerie. Ma anche fine degli equivoci.