Epilogo?

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Per Bobo Craxi, intervistato oggi dal “Fatto quotidiano”, p. 4, il padre Bettino «fu il capro espiatorio di un intero sistema. Finanziamento volgarmente illegale ai partiti, prassi che seguivano tutti dal 1945. Il pool di Mani pulite era una giunta militare e mio padre fu cacciato come hanno fatto i generali egiziani con Morsi». Invece, nel caso odierno di Berlusconi, «non sta crollando un sistema. C’è un uomo che ha consumato la sua parabola e paga colpe e incapacità personali. Un caso singolare e al singolare. Non c’è alcuna giunta militare che lo vuole cacciare. Non c’è una guerra come quella tra il ’92 e il ’94». Così dicendo, Bobo Craxi, e i tanti che la pensano come lui, mostrano di non capire che se in Italia il nuovo millennio non è mai cominciato, è perché Berlusconi, essendo il figlio prediletto di quel sistema di cui Bettino Craxi fu l’ultimo dominus, ha impedito che la sua crisi si risolvesse in un senso o nell’altro, ovvero o con una violenta esplosione di capitalismo assoluto, come nell’Inghilterra thatcheriana degli anni Ottanta, oppure con un rinnovamento dello Stato, quale base di un nuovo rapporto sociale tra economia e politica. L’unica strada che si è potuta seguire è stata quella della scommessa, tanto ambiziosa quanto velleitaria, di un’élite di “illuminati” sul tavolo del grande gioco della politica europea, ritenendo che l’Europa potesse raddrizzare il legno storto italiano. Ma l’Europa non era la trasmutazione di tutti i valori, bensì un campo di forze dove il mondialismo, assunto da una Germania tornata alla (pre)potenza di un tempo, ha trovato uno spazio inopinato solo per chi sottovaluta l’occlusione economica del mondo contemporaneo. Si è aperta così la frattura dei Pigs, dai diktat all’Irlanda risvegliatasi bruscamente dal frizzante sogno speculativo, alla lettera della BCE allo screditato governo Berlusconi, agli esperimenti budgettari in corpore vili di una Grecia socialmente desertificata, cui le sue élites si adeguano con un servilismo che è il contrappasso del patriottismo ottocentesco che contraddistinse questa sfortunata nazione. Paradossalmente, dunque, per l’Italia, il berlusconismo, a dispetto dei suoi proclami verbali e delle sue leggi Biagi, per altro scritte con l’inchiostro di una sinistra pervertita dal miraggio gestionale, è stato ed è un freno al capitalismo assoluto, così come hanno intuito gli analisti della JP Morgan, quando politologicamente hanno denunciato le tecniche clientelari di costruzione del consenso che sfociano nei populismi. Il prezzo però è stato il trionfo generalizzato del “particulare”, in cui la corruzione di tutti era tollerata e promossa nella misura in cui coincideva con la garanzia e la crescita degli interessi personali dell’Unico. Siamo all’epilogo? Potrà una sentenza della Cassazione, quale quella che si aspetta per il caso Mediaset, a fine luglio, essere il colpo di pistola finale che la «giunta militare» togata del ’92-’94 non ebbe la forza o l’occasione di esplodere? E in che direzione si uscirà dalla palude, nel senso di una totale estraneazione nei canoni del capitalismo euroatlantico, oppure con la riscoperta di una nuova “socialità”, cui potrebbe concorrere non solo la sinistra, non più vergognosa delle sue passate tradizioni, ma anche il cattolicesimo rivitalizzato dal gesuita che si rifà alla semplicità francescana?