Un’interessante articolo di Marco Palombi, sul Fattoquotidiano di oggi, pagina 5, ricostruisce il rapporto privilegiato tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, descritto come il più attento guardiano dell’austerity, e l’attuale Ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, classe 1950, ex-comunista antikeynesiano, una volta ricercatore di terze vie tra comunismo e capitalismo, poi approdato alle istituzioni economico-finanziarie internazionali promotrici del corso liberista di questi decenni post-Muro, e quindi convinto sostenitore della funzione del dolore nella vita economica1. In questi personaggi, che si sono abilmente adattati allo spirito del tempo, permane una forte matrice di quella “norma autoimposta” che da Gramsci a Togliatti a Berlinguer ha informato la tradizione comunista italiana. Caduto il fine, però, è rimasto solo un acre moralismo, un’ideologia rinsecchita del disciplinamento sociale, da attuarsi con la sofferenza economica da imporre ai popoli per curarli del loro ribelle edonismo, in ciò confluendo perfettamente nel penitenzialismo del capitalismo assoluto. Così come, per altre ragioni, c’è la necessità di andare oltre il keynesismo, e l’illusione che i keynesiani nutrono che si possa restaurare tale e quale, altrettanto c’è la necessità storica di andare oltre la pur nobile tradizione ideale del comunismo italiano.
- E. Brancaccio, Una nota sul mio ex professore Gian Carlo Padoan, pubblicato su www.emilianobrancaccio.it [↩]