«La sinistra continua a pensare di poter entrare in comunicazione con il suo elettorato facendo leva sull’esperienza quotidiana, sulle necessità materiali delle famiglie. Ma l’esperienza quotidiana è oggi la televisione. Non è casuale che chi detiene i mezzi di comunicazione, li controlla e li sa usare possa imporre il suo discorso anche quando contraddice l’esperienza comune» (C. Freccero, Televisione, Torino, Bollati Boringhieri, 2013, p. 124). Se si pensa che Lukács oppose la vita quotidiana allo stalinismo, si può concludere che la televisione è ciò che ha preso il posto dello stalinismo. Ma lo stalinismo era una dittatura a viso aperto, che alcuni buontemponi hanno voluto far passare per totalitarismo. Se c’è un totalitarismo, invece, questo è la televisione. La televisione è l’ideologia totalitaria del capitalismo assoluto, la vera incarnazione della Grande Fattoria orwelliana. Quello che tutti i bravi critici alla Freccero sembrano suggerire è che la sinistra deve finalmente imparare ad imporre la sua “illusione”, rispetto alla realtà della vita quotidiana, approfittando delle “crepe” che si aprono nella dittatura televisiva. La moltiplicazione digitale delle reti e l’integrazione dei vari media, con l’esplosione di contenuti autoprodotti, potrebbe essere la via, ridando finalmente voce al “pubblico”, che si riavrebbe dalla sua protratta passività. Ma lo stesso Freccero non può mancare di osservare che «tutto questo universo di fan e internauti testimonia un bisogno estremo di immaginario e di narrazione, legato all’attuale spirito del tempo» (p. 130). E l’attuale spirito del tempo non è altro che la prosecuzione con altri mezzi di un’interminabile epoca del mito, con le sue favole pubblicitarie che alimentano e intensificano la divaricazione di vita quotidiana e immaginario. Ci è stato spiegato che “il mezzo è il messaggio”, come se fosse una legge di natura, quando invece è solo una congiuntura storica in cui l’immaginario crea permanentamente le premesse per distaccarsi dalla vita quotidiana. Se la storia è produzione di novità, allora la vera novità non può che consistere nel riportare il mezzo al suo statuto di strumento, e il messaggio al suo statuto di fine. Non è luddismo, ma solo un emendamento ontologico.