Liberatori

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Oggi, su “la Repubblica”, p. 34, Francesco Bei segnala alcuni libri che ripercorrono con nuove testimonianze lo sbarco angloamericano in Sicilia, nel luglio del ’43. Ecco una di queste testimonianze, riguardante la cosiddetta battaglia di Biscari, dal nome dell’aereoporto di una località del ragusano: «Gli avieri italiani, aiutati da qualche elemento della “Goering”, si trincerano all’aeroporto di Biscari e ingaggiano quella che viene ricordata come la più dura battaglia della campagna siciliana. Al termine il tenente li raduna nell’ultimo avamposto: “Avieri, vi siete battuti bene”. Ne restano vivi meno di 40. Si arrendono e vengono consegnati al sergente Horace West, che li dispone in fila lungo un fossato. L’aviere Giuseppe Giannola viene ferito a un braccio e alla testa. Ma la sua giornata gli riserva un’altra tragica sorpresa. Medicato da un’ambulanza militare, aspetta la sorte sul ciglio della strada: “È arrivata una Jeep con tre soldati. Quelli davanti sono scesi: penso mi avessero scambiato per uno di loro. Mi parlavano sorridendo, poi si sono accorti che non capivo. Li ho visti guardarsi in faccia: quello con il fucile ha indicato all’altro la Jeep, lo ha mandato via. È rimasto solo, in piedi, di fronte a me. Io ero seduto, lui mi fissava. Poi ha imbracciato il Garand, ha mirato al cuore e ha sparato”. Eppure, miracolosamente, Giannola “resuscita” una seconda volta perché il proiettile non colpisce organi vitali». West, processato poi negli Stati Uniti, si difese affermando che «avevamo l’ordine di prendere prigionieri solo in casi estremi». Fu condannato, graziato e reintegrato in servizio come soldato semplice. Ed ecco l’ordine, direttamente, dal generale Patton: «Se si arrendono quando tu sei a 2-300 metri da loro, non pensare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola e poi spara. Si fottano. Nessun prigioniero». Avendo sparato da una distanza inferiore ai 2-300 metri, si può dire tecnicamente che il sergente West disobbedì agli ordini. All’epoca, Apocalypse Now fu un onesto tentativo di riflessione “metafisica” su questa follia omicidiaria al servizio di una implacabile volontà di potenza, all’opera immutata nella Sicilia del ’43 come nel Vietnam degli anni Settanta, nell’aggressione all’inerme Grenada degli anni Ottanta come nell’Afghanistan e nell’Iraq dell’inizio del nuovo Millennio. Ma tutto il lavoro resta ancora da fare, perché è difficilissimo divincolarsi dal punto di vista del “liberatore”, introiettato dai “liberati”, su cui si fondano ideologie, tra cui lo stesso antifascismo, che hanno accomunato vittime e carnefici, assolvendo gli uni e imponendo alle altre di giustificare la violenza subita in nome di valori universali. E viene in mente La ciociara di Moravia che, sotto la generica denuncia della violenza della guerra, è una riflessione precocissima su una potenza che stupra il mondo, annichilendo le sue vittime, costrette poi ad un’esistenza deumanizzata, dove il flusso generale delle merci può scorrere senza più l’impaccio dei minuti scambi dei mondi particolari. Quando gli analisti di JP Morgan denunciano le Costituzioni antifasciste dei paesi del Sud Europa come fattori di rallentamento di tale flusso, si arriva al paradosso che l’antifascismo, già ideologia che occulta alle vittime il proprio massacro, non può più essere tollerato neanche in questa estrema funzione anestetica. È giunta l’ora, infatti, che il vinto si stacchi definitivamente dalla sua essenza, di cui un’ombra residuava nell’ideologia che l’accomunava al vincitore, e pervenga alla “novità categoriale” di un mondo senza storia. C’è da chiedersi perciò se, di fronte alla “smisuratezza” del vincitore, non sia venuto il momento per il vinto di denunciare l’impostura di un complesso ideologico – l’antifascismo, la libertà americana, il consumo – che, se nell’asservimento gli ha regalato una parvenza di umanità, gli chiede ora di estraniarsi del tutto da sé.

I morsi della dialettica

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Dal fronte mediorientale, altre danze della dialettica. Dapprima il popolo ha spodestato il despota che da trent’anni lo opprimeva. Ma le forze per quest’impresa non vennero solo dai morsi della fame, come opinavano i soliti materialisti della “base economica”, o dalle magie della rete, come declamavano i dinoccolati semiotici postmoderni, ma anche e forse principalmente dall’energia accumulata in ottant’anni di opposizione dai Fratelli musulmani. Fu un bel vedere, allora, insediarsi un presidente della Fratellanza, dal nome Morsi, ma non di fame, bensì di libertà. La libertà che i Fratelli portarono, però, se liberò dal giogo subalterno di una geopolitica ormai indebolita e screditata, (il bel discorso di Obama al Cairo non fu un proclama a gratis!), si rovesciò ben presto nella minaccia della possibile tirannia di una norma avvertita come troppo costrittiva rispetto ai dolci frutti che, sotto il tallone del despota, il processo economico assicurava ai pochi e faceva intravvedere ai molti. Insomma, la (maldestra) pretesa della Fratellanza, non tanto e non solo di imporre barbe e chador, ma di irreggimentare lo “sfrenato movimento” dei locali animal spirits, si rivelò impopolare, e come un automata delle forze produttive l’esercito tornò allora a dare le carte. Giù Morsi, e di nuovo parola al popolo. Adesso gli egiziani sono, se non all’ultimo, certo di fronte al bivio decisivo: dare corso alla smisuratezza crematistica che, nuova subalternità, inserisca il paese nell’attuale equilibrio mondiale di capitalismo assoluto, (el Baradei è lì pronto a rendere i suoi servigi), oppure scegliere la misura della comunità, che metta la produzione al servizio di una effettiva autonomia politica. Che Allah li illumini.

Morales

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Francia e Portogallo negano lo spazio aereo al presidente boliviano Morales in volo da Mosca verso il suo paese, costretto così a scendere a Vienna e a restarvi per più di dieci ore. Si sospettava che Snowden, l’ex-analista della NSA che ha rivelato i metodi spionistici americani ai danni dei paesi dell’Unione Europea, fosse a bordo. Ma chi lo sospettava? Francia e Portogallo? E, in quanto membri dell’UE, non sono parte lesa? Dunque, per conto di chi lo sospettavano? Evidentemente, per conto degli americani. Ma la verità l’ha detta la radicale, non violenta, transanazionale Emma Bonino, assurta finalmente, dopo tanti scioperi della fame, a un ministero che si rispetti, il ministero degli Esteri. Signori, ci ha spiegato la pasionara del digiuno, non è carino spiare gli altri. Insomma, è un giochino che facciamo tutti, e non è bello che questo nesci di Snowden lo proclami a tutto il mondo come se fosse la violazione di chissà quale libertà. In effetti, viene solo da ridere a pensare che Obama possa coartare la libertà della Merkel, e certo viene da piangere a pensare che il Portagollo, un paese praticamente alla fame, sia costretto a negare il transito a un capo di stato legittimamente eletto, ancorché appartenente ai paria del Sud America, per poter continuare a sedersi al tavolo di coloro che lo affamano. Queste simpatiche dinamiche, come potemmo dire, intercapitalistiche, nel 1914 sfociarono in quella che un Papa definì, con formula felice, l’inutile strage. Con la Cina che giganteggia dall’altro lato del mondo, impensabile oggi un simile esito, ma certo questi sono i momenti in cui i “democratici” che ci governano, di qua e di là dell’Atlantico, mostrano senza veli il loro autentico volto da gangster.

Atei

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Il millennio si è aperto con un vezzoso libricino del filosofo humeano Eugenio Lecaldano, sulla cui copertina di un immacolato bianco crema campeggia in rosso vermiglio la scritta Un’etica senza Dio, poi c’è stato il trionfo mediatico dell’ateismo logico-matematico di Piergiorgio Odifreddi, e si è continuato con l’ateismo evoluzionistico darwiniano propagandato a livello di massa da “Micromega”. Dove stiamo andando? Quanto scrive di recente Costanzo Preve nella sua Per una nuova storia alternativa della filosofia, Pistoia, Petite Plaisance, 2013, può darci un’idea della direzione che abbiamo preso: «Io ho letto alcuni manuali di ateismo scientifico diffusi in milioni di copie al tempo del comunismo sovietico, e si tratta di testi molto interessanti sul piano ideologico. Essi retrocedono al 1760 circa ed al Buon Senso del barone D’Holbach, come se Kant, Fichte, Hegel e Marx non fossero mai esistiti. Al centro stanno le cosiddette “imposture” dei preti. Queste “imposture” vengono “smascherate” dalla divulgazione scientifica. E allora tonnellate di evoluzionismo darwiniano, derive dei continenti, astrofisica elementare, l’uomo che deriva dalla scimmia, spiegazione “scientifica” dei miracoli, ecc. Si tratta dello stesso tipo di ragionamenti che si trovano oggi nelle riviste Micromega e L’Ateo, il che fa di Maria Turchetto e Paolo Flores D’Arcais tecnicamente dei successori diretti di Stalin» (pp. 351-52). L’autore conclude: «solo il surrealismo e il paradosso possono veramente spiegare il mondo». In effetti, che nella storia ci sia una certa dose di eterno ritorno lo aveva capito persino Nietzsche, ma non c’è bisogno di recarsi sino a Mosca per trovare degli antenati ai nostri odierni, furiosi senzadio. Basta risalire l’Italia sino alla Romagna di fine Ottocento, quando bakuniniani e repubblicani tiravano volentieri schioppettate ai preti, i quali oggi come ieri sono sempre lì con le mani in pasta, anche se Bergoglio, come un maestro che vuole fare bella figura col Provveditore, prova a bacchettarli.

Quando il capitalismo parla

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In un suo documento sulla crisi in Europa, la banca d’affari JP Morgan ha manifestato tutta la sua riprovazione per i sistemi politici della periferia meridionale europea, instaurati dopo la caduta delle dittature fasciste. Secondo JP Morgan, le Costituzioni di questi paesi mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori, licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo, tecniche clientelari di costruzione del consenso. Secondo questa benefica istituzione, la crisi economica ha mostrato a quali conseguenze portino queste nefaste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e si sono visti esecutivi limitati nella loro azione dalle Costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia). Non si tratta certo di discorsi da ubriaconi, e faremmo bene a prenderli sul serio. Ma la notizia è un’altra. Il resoconto di questo documento, che va ad arricchire il corpus della allegra letteratuta calvinista, è apparso solo nel taglio basso della seconda pagina di “Repubblica” di ieri, con uno di quei titoli che hanno fatto la fortuna di questo giornale: «JP Morgan shock: “Basta costituzioni antifasciste”». Il vero shock però è che nessuna delle tronitrinuanti penne di “Repubblica” è stata mobilitata per commentare adeguatamente le analcoliche analisi di JP Morgan, salvo delegare al povero redattore di turno di condire la notizia con l’olio leggero di qualche rigo ironico. A guardar bene, però, l’autentico shock è che, lo stesso giorno, gli organelli impazziti della sinistra italiana in disfacimento, da “l’Unità” a “Il Fatto quotidiano” a “il manifesto”, non hanno neanche dato la notizia. Lo stesso giorno, invece, sul sito dell’Huffington Post Italia, new organ house of the new italian labour party, Matteo Renzi annunciava che si prepara ad essere il nuovo Tony Blair. Insomma, parafrasando Heidegger, quando il Capitalismo parla, non si può che stare ad ascoltare il Dire originario.