Nella serata di lunedì 2 gennaio, su Rai Tre, è andata in onda ad opera della trasmissione “Report” una lunghissima ricostruzione delle stragi del biennio 1992-1993, quelle in cui, assieme ad altre decine di persone, persero la vita i magistrati Falcone e Borsellino e furono attaccate chiese e monumenti in varie parti d’Italia. Il motivo di tale ricostruzione è che stanno emergendo nuovi elementi giudiziari a favore dell’ipotesi che individui che presero parte a tali attentati si ritrovano nella precedente stagione stragista e golpista degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. In particolare, una delle figure di collegamento più importanti sarebbe Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, organizzazione neofascista sciolta e più volte risorta dalle sue ceneri come l’araba fenice, operativa pare addirittura sino a tutto il 2018. Stefano Delle Chiaie, passato a miglior vita nel 2019, proviene da quel mondo missino che secondo gli odierni esponenti del movimento smargiasso insediatosi al governo della Nazione avrebbe contribuito all’inserimento degli sconfitti del fascismo nel gioco della rinata democrazia. Si tratta di una affermazione che nel suo cinismo politico, tipico di questo abile manipolo di manipolatori, ha un suo fondamento storico. La Fiamma, infatti, quale dialettica copertura legale di un vasto ambiente illegale – e stiamo parlando di legalità “borghese”, ma evidentemente in determinate situazioni storiche a Monsieur le Capital non basta neppure quella per averla vinta! –, ha contribuito fortemente a far sì che la democrazia italiana si allontanasse quanto più è possibile dall’improvvido disegno costituzionale per assumere quella fisionomia anfibia di doppio Stato non solo consono all’intima essenza nazionale, ma soprattutto funzionale agli equilibri internazionali in cui l’Italia, grazie al ben operare dei nazionalisti in orbace figli della Lupa, dal 1945 si trova felicemente inserita, scilicet asservita. La domanda però non è storica ma urgentemente attuale, e cioè come mai, nel momento in cui lo strato più recondito e ambiguo dell’anticomunismo atlantista comincia a muovere i suoi primi passi di governo, una trasmissione come “Report” possa ripercorrere le stagioni dello stragismo politico in cui tale strato, a voler stare alle sole evidenze giudiziarie, appare profondamente invischiato. Evidentemente, ci sono mondi che si guatano a distanza e, come nel gioco di chi sa che io so che tu sai che io so, si mandano segnali, si lanciano avvertimenti, si misurano la forza. La partita insomma non è chiusa. E, del resto, lo si era capito quando, durante il caos della presidenza Trump, settori importanti del carico della nave erano stati spostati in direzioni inusitate – la Cina, la Russia. Bisogna dirlo, in modo abborracciato, con immaturità, senza alcuna chiara elaborazione politica. Sicché, quando sia pur a fatica il blocco imperiale ha ripreso il controllo, come accade sempre nelle epoche di basso impero è stato facile per i pretoriani della Nazione proporsi quale nuovo ceto di governo. È altrettanto facile prevedere che quanto più aumenteranno le spinte per un sovvertimento presidenzialistico della Costituzione vigente, tanto più si moltiplicheranno questi segnali. E quanto più gli equilibri internazionali si mostreranno deboli e friabili, tanto più il confronto tra questi mondi contrapposti diventerà una lotta accanita per la sopravvivenza. Poiché appare chiaro che il significato effettivo di una possibile riforma presidenzialistica, almeno per quanto riguarda il passato, è la definitiva messa a tacere di una storia inconfessabile, quella per la quale l’ipotesi di una timida, socialdemocratica “repubblica fondata sul lavoro” è stata impedita dalla brutale realtà di una “repubblica basata sulle bombe”. Del resto, già da tempo la Bombocrazia mette in scena nelle più alte cariche le sue tragedie shakespeariane. A favorire l’elezione dell’attuale Presidente della Repubblica fu un certo senatore fiorentino, promotore dell’ultimo sfortunato assalto costituzionale, sulla cui eccellenza nelle arti politiche della corrotta Danimarca, messe al servizio del più devoto atlantismo, non c’è bisogno di spendere altre parole. E oggi, l’attuale Presidente, che in una famosa foto appare mentre prende fra le braccia il fratello ferito a morte nell’attentato opera, a quanto sembra, dell’usuale connection tra mafia, apparati di stato e neofascismo, oggi dicevamo a quel mondo predica come Francesco al lupo di Gubbio la mitezza della Costituzione vigente, suggerendo così oggettivamente l’idea che un’alta carica è forse la migliore pietra tombale sulle esigenze di giustizia. Ma nel paese della commedia dell’arte alle tragedie shakespeariane fanno da contrappunto le baruffe chiozzotte, alla sfocata, drammatica foto del fratello che trae fuori dall’auto il congiunto ucciso dall’ignoto assassino dagli occhi di ghiaccio fa da controcanto la più recente foto “social” delle vestali del rampante movimento smargiasso che, agghindate per il cenone di fine anno, con molle posa fanno gli auguri «anche ai rosiconi che non si ricrederanno mai per puntiglio». Eh, già, perché la verità è un puntiglio…