individualismo proletario

L’individualismo proletario e il realismo sofistico del «Fatto Quotidiano»

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«Il Fatto Quotidiano» di oggi, martedì 19 giugno 2018, pubblica l’articolo in forma di lettera, qui sotto riprodotta, di un rider che lavora per Deliveroo, il quale prega Di Maio di non distruggere la libertà assicuratagli dal suo lavoro «flessibile», con i buoni propositi del M5S di renderlo stabile, cioè permanentemente subordinato. Solo due osservazioni, prima di cedere il passo alla lettura.

Prima osservazione. L’articolo-lettera è probabilmente fasullo, ma importa poco. Esso sta nelle corde del «Fatto Quotidiano», che si compiace di immedesimarsi nella perfidia della realtà quando le intenzioni soggettive sono stucchevolmente buone, soprattutto se portate avanti da personaggi non più nelle simpatie del giornale. Una forma di realismo interessato più alla polemica contro qualcuno, che alla realtà effettiva. Oggi ne fa le spese Di Maio, che appare in grossa difficoltà nei confronti di Mangiafoco Salvini, ed è il caso quindi di cominciare a scaricarlo, lui e il M5S. Così «Il Fatto Quotidiano» può continuare ad accreditarsi come il tempio dell’imparzialità giornalistica. Esercizi di manipolazione molto sottili, ma anch’essi assai stucchevoli.

Seconda osservazione. Benché al «Fatto Quotidiano», nella sua sofistica quotidiana non gliene importi nulla della realtà capitalistica, con la sua operazioncella anti-dimaiana è costretto ad evidenziare un aspetto saliente dell’odierna mentalità operaia. C’è infatti abbastanza diffuso un individualismo proletario o, per dirla al rovescio, un mini-capitalismo della propria forza lavoro. Il salario viene accumulato dal lavoratore imprenditore di se stesso, prendendo in contropiede le molteplici occasioni di mercificazione della propria forza lavoro. Tanti pezzetti di alienazione, tante piccole subordinazioni al capitale, per un “piano di vita” che si vuole “autonomo”, ma che può essere giocato solo dentro la grande alienazione capitalistica del godimento, ovvero del consumo in tutte le sue forme, anche quelle del non consumo, com’è proprio di quegli stili di vita minimali e intellettualizzati, la cui sofisticazione è sostenibile solo se continua ad esistere la condizione della gran massa di coloro che, per quanto sempre più angariati, hanno un normale lavoro, con un capo che dà i turni, ecc. ecc. La condizione, quindi, che il rider di cui sotto, vero o finto che sia, rifiuta, disprezzando quella gran massa di subordinati, e introducendo così nella condizione subordinata il virus dell’individualismo che annichilisce la solidarietà da cui può nascere una “coscienza di classe”. Espressione che sicuramente farà sorgere un ghigno sulla faccia del nostro rider nichilista, o del redattore che l’ha inventato, a conferma che i nemici dei subalterni non stanno solo nel fronte opposto dei dominanti, ma anche tra le proprie file, ben mascherati da poveri sfruttati che il damino di San Vincenzo Luigi Di Maio vorrebbe inopinatamente trarre dalla loro felice miseria. Invano, perché siamo già oltre il M5S, ed è bene sintonizzarsi sull’orco Salvini. Ma contro quest’ultimo quali pieghe sofistiche della realtà andrà a scovare «Il Fatto Quotidiano»?

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“Caro ministro, occhio: col lavoro subordinato perderò la mia libertà”. Lettera di un fattorino a Luigi Di Maio

 Spettabile ministro, mi chiamo Piercarlo e faccio il rider per Deliveroo, le scrivo perché faccio parte di quelle migliaia di rider silenziosi che fin qui si sono limitati a guardare, mentre altri protestavano e si autoeleggevano rappresentanti di questa professione. Ho letto la bozza del suo decreto, e personalmente, credo sia sbagliata. Il nostro non è un lavoro subordinato, ma soprattutto se fosse un lavoro subordinato non potremmo avere la flessibilità di cui disponiamo oggi. Cerco di spiegarle come funziona, almeno per Deliveroo, la piattaforma per cui io lavoro. Oggi posso scegliere (con anticipo di una settimana) quando lavorare, se lavorare un’ora, zero, o 50 (previa disponibilità). Posso ridurre, a un minuto prima dell’inizio, una o più di una delle ore che ho prenotato, senza ricevere né ammonimenti, né richiami, né danni di reputazione nel rating. Posso inoltre, in caso di necessità, aggiungere un’ora non prenotata, per esempio per sostituire qualcuno, o per aumentata necessità. Con un contratto subordinato la mia libertà sparirebbe, diventerebbe un normale lavoro, con un capo che mi dà i turni, e io che devo accettarli, mi piaccia o meno. Deliveroo applica un sistema di cottimo (che lei vuole abolire) con garanzia di minimo orario. Deliveroo paga 5 euro lordi a consegna (4 netti), con garanzia di fornire al rider 1,5 ordini ogni ora. Se, per mancanza di ordini non ci si arriva, Deliveroo riconoscerà comunque l’equivalente: 7,5 euro lordi (6 netti). A maggio ho lavorato 58,4 ore, in base alle mia disponibilità, cancellando alcune ore prenotate per motivi personali (Deliveroo è il mio secondo lavoro). Ho incassato 574,58 euro lordi (459,67 netti), a fronte di 76 ordini consegnati (1,3 consegne di media ogni ora). In sostanza ho ricevuto una paga di circa 10 euro lordi l’ora (7,85 netti). Paga che, le posso assicurare, è superiore a molti lavori. Giusto ieri alla mia migliore amica è stato offerto un full time di 8 ore per 5 giorni a settimana, più reperibilità weekend, per 400 euro, ma non fa notizia: non era un rider, era un lavoro di segreteria. Ieri sera ho fatto 10 ordini in tre ore e ho percepito 48 euro netti, mance comprese, ossia più di 15 euro l’ora. Con un pagamento a ore, mettiamo 6 euro l’ora, avrei preso solo quelli, che mi impegnassi o meno. Esiste un mondo di ciclofattorini che vive davvero di un precariato intollerabile, ma non sono le app, è il nero. Spesso i ristoranti per cui consegno per Deliveroo mi chiedono se voglio fare anche le consegne per loro autonomamente, e la proposta è sempre quella, 2 euro in nero a consegna, disponibilità 24/7, ti chiamo, vieni, e consegni. Servono miglioramenti anche per le app di delivery, certo che sì: serve garantire assicurazione infortuni, e RC per tutti, con premi uguali per tutti. Serve garantire un minimo orario, serve togliere quel vergognoso tetto di 5.000 euro lordi l’anno che oggi la legge impone per le prestazioni occasionali. Bisogna valutare con l’Inps una soluzione per riconoscere le ore lavorate. Serve garantire trasparenza sull’eventuale rating del rider (come già oggi fanno alcune app), ma la prego, non snaturi ciò che è, ovvero un lavoro flessibile, che permette a migliaia di persone di poter aumentare le proprie entrate in assoluta e totale libertà. Ho creduto molti anni fa nel Movimento di cui lei oggi è capo politico, proprio perché era diverso, non era ipocrita, sapeva capire più di altri i cambiamenti della società, le nuove esigenze e le nuove professioni, perché non tutti vogliono stare in catena di montaggio sotto un capo che detta ordini, ci sono anche persone che nella vita fanno e hanno fatto scelte diverse, e suo compito è tutelare anche noi, non solo i dipendenti.

 Piercarlo, fattorino di Deliveroo