Quando Francesco fu eletto Papa, le aspettative erano che, come annunciava il riferimento al santo di Assisi, egli si concentrasse su una riforma delle strutture economiche e di potere della Chiesa e che non smuovesse niente sul fronte della morale sessuale, nella previsione di una bancarotta del capitalismo che consegnasse alla Chiesa la guida mondiale dei poveri senza dover più combattere la morale libertina di cui il neoliberismo era portatore e contro la quale si era infranto il pontificato di Benedetto XVI. Solo in parte le cose sono andate così, perché Francesco è stato costretto quotidianamente a occuparsi di morale sessuale che era il terreno su cui il neoliberismo lo attaccava ogniqualvolta egli si ergeva a denunciare le sue ingiustizie. Bastava leggere i giornali, in cui le sue intemerate contro il profitto andavano in settima o in ottava pagina, mentre le prime pagine erano occupate dalle denunce dei costumi corrotti di preti e cardinali. Di qui le sue colorite uscite su temi secolari che erano sempre delle concessioni al libertinismo, anche se le giustificava come espressione dell’amore di Dio per tutte le sue creature. La morale secolare è stata dunque il migliore scudo contro le velleità anti-capitalistiche di Francesco il quale, alla fine, ha illuso i poveri, scandalizzato i retrogradi e offerto il pretesto per essere additato come un cripto-marxista. Un Papa dunque intrappolato in un ginepraio di contraddizioni ma deciso a non soccombervi perché ha sempre avuto coscienza della condizione di “nave sballottata” in cui si trova la Chiesa odierna. Ed è questa coscienza che lo avvicina così tanto all’odierna condizione umana, anche se lui non ha avuto nessuna soluzione da proporre che non fosse la testimonianza di una indomita volontà.