nuovo realismo

Bosoni Barilla

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Il nuovo realismo è la pasta Barilla della filosofia. Un marchio conosciuto che anche l’idraulico Pippo ha potuto vedere in qualche trasmissione televisiva. Contro i detrattori, che pur non mancano, su “Micromega” on line, il giovane e razzente Enrico Terrone scrive che la tesi fondamentale di questo nuovo realismo «è che la nostra esperienza condivisa del mondo non riguarda fenomeni, apparenze, interpretazioni, bensì fatti veri e propri. Kant aveva torto a sostenere che le intuizioni senza concetto sono cieche. La maggior parte delle intuizioni ci vede benissimo, senza bisogno di concetti di complemento. Dunque, per rispondere alla domanda ontologica fondamentale, ‛che cosa c’è?’, non occorre per forza rivolgersi ai fisici dei bosoni o ai metafisici dei tropi. Le nostre intuizioni ci informano con sufficiente approssimazione su come stanno le cose nel mondo reale. Per quel che riguarda le regioni dell’essere da cui dipende la nostra vita e la nostra felicità, la fonte primaria dell’ontologia può essere benissimo la nostra esperienza condivisa del mondo»1. Quel che si vorrebbe sapere, però, è con che cosa si fa questa nuova ontologia. Eh, già, perché non è che va a petrolio, ma funziona con teorie che spesso sono molto più contro-intuitive della fisica dei bosoni e della metafisica dei tropi. D’accordo, lo scopo è chiaro, salvaguardare l’autonomia di un certo discorso filosofico dallo strapotere di una scienza che si propone come la nuova metafisica. Un certo discorso filosofico che abbia al suo centro la nostra intuizione spontanea del mondo. Ma com’è fatta questa intuizione? In tutt’altra sede, nel quotidiano “il manifesto”, e trattando apparentemente di tutt’altre cose, lo psicanalista Sarantis Thanopulos ci offre una risposta, quando così riassume l’intervento del neuroscienziato Vittorio Gallese al recente Congresso Nazionale della Società Psicoanalitica Italiana: «L’interesse di Gallese nei confronti della psicoanalisi nasce dalla necessità di superamento della concezione solipsistica della mente propria del cognitivismo classico ed è centrato sul concetto di “simulazione incarnata”: la comprensione delle emozioni, delle sensazioni e delle azioni dell’altro è ottenuta direttamente, senza la necessità di meta-rappresentarle, attraverso il riutilizzo degli stessi circuiti neurali su cui si fondano le nostre emozioni, sensazioni e azioni come se le vivessimo e le eseguissimo noi in prima persona. La concezione di se stessi come un sé è ancorata in una “matrice intersoggettiva condivisa, noi-centrica”. Questa matrice intersoggettiva è strettamente legata alla consapevolezza del sé corporeo e in particolare al sistema motorio che “ben prima della nascita manifesta già quelle proprietà funzionali che rendono possibili le interazioni sociali”»2. A commento di questo impeccabile resoconto, Thanopulos aggiunge che quelle di Gallese «sono visuali che sostanzialmente gli psicoanalisti condividono», salvo «due punti problematici», ovvero la questione del desiderio, che in psicanalisi “anima” il corporeo-motorio, e quello della intersoggettività, che la psicoanalisi dovrebbe secondo Thanopulos rimodulare in quello più rispondente alla pratica psicoanalitica di “intra-soggettività”. Per la verità, più che punti problemtatici, sembrano semplici adattamenti del quadro teorico di Gallese, accettato integralmente. E quanto alla “intra-soggettività”, bisogna vedere se si tratta di un “fatto” che la pratica psicoanalitica rileva, oppure di un “fare” verso cui lo psicanalista orienta il paziente, a partire da una implicita opzione teorica anti-soggettivistica. C’è da chiedersi quanto resti qui della mirabile indagine freudiana circa la genesi del normativo, ma quello che si vuole alla fine rilevare è che dai propositi di Torrente, Thanopulos e Gallese si vede chiaramente come nuovo realismo, neuroscienze, psicoanalisi postfreudiana, sono rivoli disparati che confluiscono nell’unica corrente del rifiuto del soggettivo-concettuale-normativo. Non drammatizziamo, non è una nuova “distruzione della ragione”, ma solo l’agitarsi di una razionalità talmente debole e insicura di sé, che cerca di sedurre il colto e l’inclita con morbide atmosfere alla Mulino Bianco.


  1. E. Terrone, Il realismo senza intuizioni è libresco. A proposito di “Realismo? Una questione non controversa” di Franca D’Agostini []
  2. S. Thanopulos, Psicoanalisi e neuroscienze, “il manifesto”, 7.6.2014, p. 14. []