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Dopo il PD, c’è ancora vita!

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C‘è un’aria di mestizia in giro, ma lo scioglimento del PD, anche se ancora in fieri, è un evento fausto. Finisce la lunga subordinazione politica e culturale della sinistra a un centro liberaloide, di cui è stata espressione per un buon trentennio “la Repubblica”, che ancora domenica, 19 febbraio 2017, in extremis, ha lanciato l’ultima offa, con una celebrazione andywarholiana di Gramsci. Ma non è più tempo, la realtà è ormai troppo reale per poter essere nascosta sotto la tonaca di qualche papa laico. Tutto sta a vedere ora cosa vuole fare questa sinistra della ritrovata autonomia. E qui bisogna essere molto esigenti su alcuni punti che non è difficile individuare.

Primo, la lotta di classe non è finita, l’ha solo vinta il capitale. Copyright, Luciano Gallino. E già Bobbio, benché in modo meno pugnace e più olimpico, aveva segnalato il problema, richiamando la sinistra all’eguaglianza. Ma, anche al giorno d’oggi, in cui produzione e riproduzione sfumano l’una nell’altra, non si può tutto racchiudere in una redistribuzione che getti qualche manciata di sabbia nell’accumulazione, magari via reddito di cittadinanza. Una simile misura non farebbe uscire dalla reificazione economica, ma creerebbe solo una platea di individui, la cui estraneazione avrebbe un prezzo che il capitale si può permettere per salvaguardare la sua ragion di vita, ovvero il comando sul lavoro, che a tal scopo, corazzato di tecnica, oggi frantuma, degrada e distrugge, ma la cui libera fruizione (quindi, lavoro di cittadinanza, no grazie!) proprio per questo deve restare l’obiettivo prioritario. Perciò, e siamo al punto secondo, bisogna liberarsi di tutte le incrostazioni democraticistiche di questi anni. È Altiero Spinelli a distinguersi dai “democratici” e a parlare di “dittatura del partito europeo” nel Manifesto di Ventotene, che va letto in tutte le sue parti. E il contenuto di questa “dittatura” è nettamente anticapitalistico: «la proprietà privata dev’essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso» (p. 30). E ancora: «non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo un’attività monopolistica, sfruttano la massa dei consumatori» (p. 31). Google, Facebook, Amazon, Apple, de vos fabula narratur. E quindi non basta più il virtuismo liberal-liberistico del professor Monti, che irrora multe milionarie dal suo scranno di Bruxelles. Ci vuole un’azione più continua, mirata e penetrante. Perciò, e siamo al punto terzo, l’obiettivo di una “dittatura” europea non più del capitale, ma del lavoro, non può che essere l’opera del “partito”. Qui bisogna dire chiaro le cose come stanno, e cioè che, su questo punto, Lenin e Althusser sono più attuali di (una certa lettura di) Gramsci. A lungo ci si è baloccati con l’egemonia, che era un modo per camuffare la propria impotenza. Ma non si può fare la “guerra di posizione” quando l’avversario pratica la “guerra di movimento”. Bisogna dunque strappare di mano all’avversario l’anello federalista europeo per tirare la catena in senso opposto, che è il suo senso naturale. Il federalismo non può essere la maschera a ossigeno che, com’è accaduto in questi sessant’anni, tiene in vita l’esausto spirito del capitalismo cristiano-germanico. Questo accanimento terapeutico sta portando l’Europa dritta in bocca al passato: nazionalismo, qualunquismo, razzismo, fascismo, nazismo.  

Tutto bene, anzi, tutto male, perché queste esigenze passano ancora per il collo di bottiglia elettorale della democrazia in atto. Bisogna perciò premere ed esigere da chi finalmente sta mollando gli ormeggi sbagliati degli anni scorsi che la prossima legge elettorale sia quanto più proporzionale è possibile. Senza questa libertà di scelta, il “partito”, ma in generale i partiti, nascono depotenziati, pure macchine per andare al governo (M5Stelle, da ultimo, docet). Bisogna esigere invece che i partiti tornino ad essere strumenti del conflitto. E non per una mistica del conflitto. Il conflitto deve avere una meta tangibile, che è l’Europa federale non capitalistica. Ma questo obiettivo si può ottenere se ora, subito, l’elettore per primo si libera della cattiva cultura politicistica della “governabilità”, che mani interessate hanno sparso in questi decenni. L’antrace della governabilità è l’introiezione da parte del governato della proibizione di ricercare la propria autonomia. L’elettore, il cittadino, non si deve invece preoccupare della governabilità, ma della sua corretta rappresentanza nel conflitto di classe. Sapere la sera delle elezioni chi governerà sin da domani, è un loisir che abili manipolatori concedono volentieri a masse addestrate allo spettacolo mediatico. Solo che, dopo, c’è il cetriolo. E, invece, Belgio e Spagna dimostrano che gli affari correnti del capitale, che comprende anche la vita economica quotidiana, possono essere egregiamente sbrigati per lunghi periodi dalle burocrazie ministeriali. La nuova sinistra che si sta tanto faticosamente liberando dall’abbraccio del pitone, va messa dunque alla prova su questo punto. E c’è solo da sperare che nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, il coraggio ritrovato non venga sopraffatto da qualche compromesso antistorico dell’ultim’ora.

Dialogo post Europee tra la luna e un pastore errante dell’Italia contemporanea

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Ecco il dialogo tra la luna, tutt’altro che indifferente, anzi molto impegnata nelle cose terrene, e un trafelato pastore errante dell’Italia contemporanea, svoltosi qualche giorno dopo le elezioni europee del 25 maggio 2014:

   P. E, allora, ô luna, che te ne pare di questo ritorno della DC (40%: la percentuale è quella)? Hai visto il video di Grillo che prende il maalox?

   L. Ho votato contro Grillo. Il risultato è stato migliore delle previsioni. Ho imparato a contentarmi. No, non ho visto Grillo, né prima né dopo il maalox. Non guardo la gente che vomita. Mi volto dall’altra parte. E quell’altro pupazzone, fresco della sua quotidiana iniezione di formalina? Con questa galleria di mostri guardi tanto per il sottile? Che ne dice la pastorella tua compagna?

   P. E che vuoi che dica, la pastorella mia compagna, pensa a quant’era bello il PD di Bersani, con quelle  allegre assemblee nazionali, dove ci si recava ognuno con le sue greggi… Peccato che ci siano tanti kilometri tra di noi, potremmo fare delle belle tavolate politico-gastronomiche…

Una nuvola grigia si intromette tra il pianeta pallido e l’italico pastore errante. Quando il cielo si rischiara…

   L. Nel frattempo ho visto la scenetta del maalox. Mi è parsa  un’ottima gag. Inquietante invece la comparsa di Casaleggio sul palco a San Giovanni nella conclusione della campagna elettorale. Anche quella l’ho vista solo oggi. L’abbiamo scampata bella.

  P. Ma, tra un’elezione e l’altra, ci sono le mungiture, il flauto, le composizioni poetiche, insomma, il für ewig. Lì non ci acchiappa nessuno. A breve, spero di suonarti dei bei nuovi motivetti e di leggerti qualche altro bel canto.

   L. A parte i formaggi e le zufolate e i canti  (che bei vizi…), certo,  a parte tutto….Ma tornando alla politica: perché tu, come tanti altri amici, dici: la nuova DC? checché se ne pensi, mi pare tutt’altra cosa. Diverso il radicamento sociale, il tipo di comunicazione, le facce, lo stile. C’è tutta la distanza che ci divide nel bene e nel male dall’Italietta postbellica. Solo per il 40 per cento? Un mio vecchio ed ora defunto amico, a ogni competizione elettorale, se si chiedeva a lui, pubblicista di un giornale della sera, come sarebbe andata, rispondeva: Questa volta sfioreremo il quaranta per cento. La storia è andata diversamente. Dunque ben venga un qualsivoglia quaranta percento. Mio nipote, ha votato per la prima volta. Timori e tremori, poi trionfale WhatsApp: “vittoria schiacciante!“. Sono stata molto contenta e ho pensato che non bisogna andare tanto per il sottile. Che provino loro a fare qualcosa.

Un altro nuvolone si intromette. Per lunghi minuti la luna scompare dalla vista del pastore, che approfitta per correre dalle sue discole pecorelle. Al ritorno, con il fiatone…

   P. Scusa il ritardo, eccomi alla tua domanda: perché dico, diciamo, la nuova DC. Ma con uno come Renzi, è il primo pensiero che ti viene. Poi, certo che è tutto diverso, con gli ottanta euro stanno pure ridistribuendo, se non è sinistra questa… Ma non ridistribuiva anche la DC? E ci risiamo. Insomma, c’è molta ambiguità, voluta, cercata, perchè bisogna essere “post-ideologici”. Così si arriva al quaranta per cento. Adesso, ci siamo. La “vocazione maggioritaria” vagheggiata dal cineasta Veltroni, eccola a portata di mano, ancora uno sforzo e siamo al cinquanta per cento. Vorrei tanto che mi sorprendessero, che con questo consenso plebiscitario cambiassero non solo alcune storture di questo paese, ma anche di questo sistema. Ma non si sa bene verso che direzione vanno, il programma prende forma mentre fanno, anzi consiste nel fare. Quindi, o ti sono simpatici, o non li puoi seguire. E io li guardo, quel poco che resisto davanti alle loro comparsate televisive, guardo le loro facce, e mi sembrano ancora più di plastica di quelle berlusconiane del ventennio passato, facce puramente agonistiche, animali da combattimento verbale. E così, alla fine, che fai? Voti Tsipras, ma solo perché c’è qualcuno che stimi, Gallino, la Spinelli. Ma ti senti un rifugiato in una terra che non è la tua, dove litigano per niente e su tutto, e fremono aspettando la prima occasione buona per saltare sul carro “riformista”. Mi rincuoro pensando che per un ventenne, un voto all’“estrema” ha tutt’altro significato. Un giovane pastorello che, sfacciato, fa le fusa alla mia figliola, studia il russo come usava un tempo, e coltiva i classici del marxismo-leninismo. Viene da ridere, ma per loro non è nostalgia, ma un giudizio sprezzante sull’oggi, e la prospettiva del domani. Fra tre anni, saranno cent’anni dalla “sfida al cielo”, e per ragazzi come questi è come se fosse ieri. E noi, come celebreremo quella data? Nella sua post-ideologica apertura ecumenica, Renzi tacerà, o dirà qualcosa? E se dicesse, no signori, Enrico si sbagliava, la spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre non si è esaurita, e noi siamo qui, tra un tweet e l’altro, a portarla avanti, dentro e fuori Palazzo Chigi. Più dentro, che fuori. O più fuori, che dentro? Chi lo sa, è l’ambiguità.

   L. Oddio, come rispondere ai tuoi argomenti. Che Renzi abbia fatto il boyscout e vada alla messa la domenica mi disturba un po’, ma per ragioni estetiche, non altro. Niente a che vedere con la puzza di sacrestia dei marpioni democristiani, barattieri anche in cose di religione. Mi disturberà politicamente se inciderà per esempio sulle scelte in fatto di diritti civili, allora sì, non prima. Una ridistribuzione del reddito mi pare una politica di equità minimale che saluto con un plauso (anche se parzialmente finanziata con una riduzione del sei per cento del mio vitalizio). Niente a che vedere con la (ri)distribuzione democristiana fatta di strizzatine d’occhio ai finti invalidi, ai baby pensionati, al forestale fasullo mentre bruciavano i monti della Calabria, all’evasione fiscale generalizzata…. E’ stato questo tipo di distribuzione che ha distrutto quel po’ di etica pubblica che c’era in Italia, ha reso i nostri connazionali parassiti e piagnoni, ha preparato il craxismo e tutto il resto che è venuto dopo. Quando la vedrò praticare da Renzi dirò: ecco il democristiano. Certo, le facce sono quelle di chi è cresciuto nel ventennio berlusconiano, specie le donne mi fanno impressione (salvo alcune: adoro il vostro Ministro della Guerra). Ma prova a guardare gli altri: le maschere ebeti dei grillini, immobili nel sorriso di disprezzo per le cose che non capiscono, le pance e le giacche (quelle sì democristiane) dei berlusconiani, e di nuovo, anche lì, le donne, aiuto, le donne. E non erano molto più democristiani, fra i “nostri”,  un Fioroni con quella faccia di pappone o una Turco che pareva di quelle che distribuiscono gli abiti usati ai poveri della parrocchia? Spinelli, ottima pubblicista e donna di studi. Leggo sempre con interesse i suoi articoli. Ma come votare una che ti dice che se viene eletta si dimetterà perché non vuole fare la deputata? Votare la lista di Casarini? votare una lista patrocinata dal micromegologo amico di Travaglio, che poi subito litiga (manco ho capito con chi e su cosa) e se ne va. E pure col rischio, per fortuna evitato per il rotto della cuffia, di buttare via il voto. Il tuo pastorello ventenne che zufola appresso alla tua figliola, fa bene a studiare il marxismo-leninismo, ma forse farebbe bene a studiarsi anche un po’ di geopolitica, lasciando a voi vecchietti la paura e la nostalgia. Renzi che celebra la Rivoluzione d’Ottobre è il teatro dell’assurdo, ma Renzi ha fatto entrare il PD nel gruppo socialista, cosa che nessuno dei gloriosi eredi di Enrico Berlinguer aveva osato fare (e neanche vi avevano mai spiegato perché). Mi chiederai se sono diventata renziana. No. Ma erano millanni e ancora mille che aspettavo il gran giorno e, non dico per me, ma per voi, ora me lo godo. Ti ho convinto?

   P. Beh, tu sei la luna e io solo un pastore, per giunta da secoli e secoli errante in questo monno bruto. C’è una bella differenza. Ma a proposito del sei per cento sottratto al tuo vitalizio, la mia paga è bloccata dal 2010. E, allora, siccome ci stiamo mettendo soldi nostri, vorrei dire alla deputata Picierno, ora europarlamentare, ma è proprio necessario metterci, nella spesa che può fare con gli ottanta euro, le due buste di salmone? Non potrebbe comprare un sacchetto di fagioli, e cucinarli con la ricetta della nonna? Questo per dire che si può redistribuire in tanti modi. Ad esempio, ripristinando un diga da cui dipende l’economia di un’intera piana. È da anni che Luciano Gallino spiega cose simili dalle pagine, non della Gazzetta di Forlì, ma da quelle tronitrinuanti di Repubblica. Ma mentre a lui, tutto quello che gli fanno fare è il garante della lista Tsipras, al Tesoro ci chiamano Pier Carlo Padoan che, tra una partita e l’altra di squash, ci spiega in pubbliche interviste che “la sofferenza sta funzionando”. Allora viene il sospetto che la crisi sia uno strumento che coloro che si sono arrogati il diritto di governarci, usano per disciplinare quelle che giudicano le nostre inamissibili pulsioni edonistiche, salvo poi chiederci di tornare a consumare. Renzi, rispetto a questo, che mi rappresenta? L’ho sentito battibeccare con Floris, a Ballarò, e la frase che mi è rimasta nell’orecchio è ancora una volta quella dei sacrifici. Non è la prima volta che le pulsioni sadiche prevalgono in chi governa. Il guitto di Genova aveva colto paradossalmente la cosa, quando ha pubblicato il post con la fotografia del cancello di Auschwitz. Ma Renzi ha prontamente cambiato discorso, ingiungendogli di sciacquarsi la bocca prima di parlare di Berlinguer. Come vedi, alcune battute del teatro dell’assurdo sono già state pronunciate. Perché non aspettarsene altre, a proposito del 1917? Per quella data, Veltroni farà un altro film, magari su Apollon Schucht e Vladimir Ilic Ulianov detto Lenin, mentre guardano amorevolmente Giulia, figlia di Apollon, e Antonio Gramsci passeggiare mano nella mano, e alla prima ci sarà ancora Napolitano che si commuoverà, con Maria De Filippi in tubino nero a fare le accoglienze. La geopolitica? Pensa se nel 1989, al posto di Gorbaciov, ci fosse stato Putin, magari nelle vesti di un Andropov in buona salute: come credi che sarebbero andate le cose? Hai visto da lassù il libro del nipote di Gramsci, Antonio jr., sulla storia della sua famiglia? Figurati se in Italia gli danno il Viareggio…

  L. Sì, d’accordo. Ma eravamo partiti dal voto e dai suoi risultati… Riprendiamo il discorso alle prossime elezioni!

Altro nuvolone e interruzione della vista. Quando il cielo si rifà limpido…

    L. … ma poi perché i fagioli sarebbero più comunisti del salmone?

   P. Il terreno della lotta di classe alimentare è scivoloso. Ciò che volevo dire è che mi sembra stupido togliere soldi ad alcuni che ne hanno un po’ di più e darli ad altri che ne hanno un po’ di meno, solo per far ripartire il fuoco di paglia di piccoli consumi, soprattutto se di lusso. Se si devono fare sacrifici, facciamoli per cose – ad esempio, una diga in secca che sta distruggendo l’agricoltura, che ne so, della piana di Gela – che rafforzino in modo duraturo l’economia di intere regioni. E se l’economia circola, poi tanto il ragionier Rossi, quanto il professor Bianchi potranno liberamente scegliere di consumare fagioli comunisti o salmone borghese.

    L. Certo, è piccolo cabotaggio, e inoltre soldi tolti da una parte e spostati dall’altra non fanno ripartire i consumi, ma ha avuto un valore simbolico e i simboli non sono acqua. Applicato in maniera massiccia, dando per esempio più soldi ai professori di scuola media e un po’  meno (non per questo pochi) soldi ai supermen, forse farebbe funzionare meglio la scuola. Il tuo ragionamento somiglia a quello letto, credo oggi, credo su Repubblica: coi miliardi della cassa integrazione si farebbero investimenti capaci di far ripartire l’economia. Vero, falso, equo? Mi contento di poco, hai ragione. Sarà che i fagioli mi piacciono più del salmone. E poi non era peggio quello che abbiamo passato prima? o l’orrore che ci toccava senza il famigerato quarantapercento? Insomma, non se ne esce. Tu hai ragione, in questa diatriba, e io ho ragioni. Mi pare proprio tempo di farci una chiacchierata al plenilunio, quando sarò proprio uno splendore (e un po’ di cortiglio, alla prima occasione: mi piacerebbe conoscere l’evoluzione politica dei nostri amici berlusconiani, ad esempio).

   P. Gli amici berlusconiani suppongo che siano diventati renziani. Ma il quarantapercento cui hanno contribuito, potrebbe riservare loro sorprese. In questo non hai solo ragioni, ma anche ragione: stiamo a vedere. Perché paradossalmente il quarantapercento, in presenza di una destra in sfacelo, può portare Renzi su una strada di sinistra che, Zelig qual è, non esiterebbe a percorrere.

Nuvole, nuvole, ancora nuvole, è proprio una capricciosa notte di maggio. E il nostro pastore corre di nuove dalle sue pecorelle che strepitano e ondeggiano nell’ovile. Quando la vista finalmente si rischiara…

   P. Non avevo inquadrato bene la domanda, che invece è importante. Non credo che il mio ragionamento sugli ormai famigerati ottanta euro sia lo stesso del ragionamento di Repubblica che citi. La cassa integrazione è un controllo sulla condizione del lavoro che, lottando, il lavoro si è guadagnato contro il capitale: se vuoi licenziare, paghi dazio. Gli ottanta euro sono una concessione unilaterale ad una platea indistinta di tartassati. I fatti storici sono una fastidiosa lisca nel cannarozzo vorace del capitale, che Repubblica spesso contribuisce a rimuovere con quei discorsi tutti rivolti al presente che il suo fondatore, il devotissimo monsignor Scalfari, tanto depreca.

   L.: In cose politiche, fra me e te  la differenza non è tra il bicchiere mezzo pieno e il bicchiere mezzo vuoto. E’ tra chi reputa che i bicchieri siano andati tutti in frantumi e ci si debba perciò  contentare se ci resta un mestolo bucato (io) e chi invece reputa che il diritto di ciascuno a un bicchiere pieno sia ancora all’ordine del giorno (e allora si arrabbia: tu)

   P. È vero, i bicchieri sono tutti rotti. Ma, come diceva Rossella O’Hara, “domani è un altro giorno”. E qui, ahimé, parte la sigla del perfido Vespa.

   L. No, “Porta a porta”, no! Devo andare, fa quasi giorno, e sorge il sole. Spero per te, che sia quello dell’avvenir.

Il gregge bela e il pastore si avvia alla mungitura. Ricotte e caci si preparano, per allietar la tavola anche di chi non ha, ora che gli ottanta euro rimpinguano l’esigua tasca, e il quaranta per cento conforta in cambio chi l’ha preso.