Prigožin

Putin e la vittoria rubata

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Parlando alla “nazione” (diritti d’autore Fd’I) mentre era in corso la ribellione della compagnia militare privata Wagner (brevetto Blackwater, USA), Putin, con indosso l’abito buono della prima comunione, ha aspramente stigmatizzato il “tradimento della Patria” messo in atto dal mercenario da lui allevato Evgenij Prigožin, paragonandolo con quanto accaduto in Russia nel 1917 all’epoca della Prima Guerra Mondiale. Queste le sue testuali parole:

Questo è esattamente come il colpo inferto alla Russia nel 1917, quando il Paese ha combattuto la Prima guerra mondiale. Ma la vittoria le fu rubata. Intrighi, battibecchi, politiche alle spalle dell’esercito e del popolo hanno provocato lo shock più grande, la distruzione dell’esercito e la disintegrazione dello Stato, la perdita di vasti territori. Il risultato fu la tragedia della guerra civile. I russi uccisero i russi, i fratelli uccisero i loro fratelli e gli interessi lucrosi furono raccolti da avventurieri politici di ogni tipo e da forze straniere che divisero il Paese e lo fecero a pezzi. Non permetteremo che questo accada di nuovo. Proteggeremo il nostro popolo e il nostro Stato da ogni minaccia. Compreso il tradimento interno.

Secondo Putin, garante della società di predatori che, dopo aver arraffato le immense ricchezze dell’Unione Sovietica, da trent’anni usa lo Stato russo per raccogliere “interessi lucrosi”, alla Russia zarista nel 1917 fu “rubata la vittoria” e di ciò si avvantaggiarono degli “avventurieri politici”. Veniamo a sapere così che circa 250.000 persone all’anno rendono omaggio alla salma dell’avventuriero Lenin esposta imbalsamata al Cremlino, senza che Putin e i suoi amici abbiano il coraggio di rimuoverla. E apprendiamo anche che allo zarismo fu “rubata la vittoria”, panzana che nella variante della “vittoria mutilata” circolò in Italia nell’immediato primo dopoguerra, riferita alla delusione dei circoli imperialistici italiani per i magri esiti della guerra, funzionando come benzina preziosa per la reazione fascista. Che a cento anni di distanza Putin, grande piazzista di idrocarburi, faccia ricorso a quel carburante è l’indice più sicuro per capire in quale palude della storia sia finito. Quanto alla “vittoria rubata”, nessuno meglio dell’avventuriero Lenin può dimostrarne la falsità. A tal fine, alleghiamo qui un suo articolo del 6 novembre 1916 (Lenin, Sulla pace separata) che descrive magistralmente il repugnante intreccio di interessi imperialistici che la Rivoluzione d’Ottobre mandò inopinatamente a gambe all’aria. Per concludere, bisogna aggiungere che fa semplicemente pena vedere gli odierni comunisti russi, che pure sono una forza elettorale ragguardevole, intruppati nel “patriottismo” dei predatori putiniani e incapaci di un minimo di autonomia politica, come invece era capace Lenin nella complicatissima situazione storica della Prima Guerra Mondiale.

P.S. Nell’articolo si può apprezzare la preoccupazione di Lenin per le sorti della Galizia, quale culla storica del popolo ucraino. Anche come uomo di governo, pur nel vorticoso cambiamento di fronti tra il 1918 e il 1922, Lenin mantenne la stessa linea favorevole all’indipendenza ucraina tanto è vero che l’Ucraina entrò nell’URSS come nazionalità autonoma con diritto a recedere, come tutte le altre nazionalità. Nel suo discorso del 22 febbraio 2022, con cui ha dato inizio all’“operazione militare speciale”, Putin ha rimproverato tutto questo a Lenin, con la stessa insolenza con cui può farlo una mosca (con riferimento all’insetto) intrufolata nella criniera di un purosangue.