Renzi

Renzi, il piccolo “a”

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«Non credevo che potessero odiarmi così tanto». Questa frase, ormai celebre, con cui Renzi ha accolto la disfatta referendaria, pare che fosse rivolta alla minoranza del partito, pronta a fare fronte comune con gli avversari cinquestelle e forzisti, pur di vederlo nella polvere1. Ma Massimo Recalcati, fresco ideologo leopoldino, ne ha dato l’interpretazione autentica, allargando l’obiettivo a tutto il paese: «Quello che mi ha colpito è la natura autodistruttiva di questo odio. Il suo rifiuto di ogni canalizzazione simbolica»2. Ma in quale canale simbolico si sarebbe dovuto riversare questo presunto odio autodistruttivo? Recalcati richiama lo schema simbolico dell’Edipo, il figlio che uccide il padre. Ma lo interpreta come il padre che accetta di farsi uccidere dal figlio. La mancata simbolizzazione che lamenta, è in questo rifiuto del padre di farsi uccidere da Renzi. È strano, Recalcati appena può, lamenta l’evaporazione del padre come uno dei mali della nostra epoca. Poi, però, tesse le lodi di un parricida mancato come Renzi. C’è qualcosa che non quadra. Davvero Renzi era questo eroe edipico adamantino? Eugenio Scalfari e Giorgio Napolitano non sono davvero due giovanotti, eppure Renzi li ha eletti a suoi mentori, il primo nell’ultima fase della sua avventura referendaria, il secondo sin dal suo esordio di governo. Più che un figlio che vuole uccidere il padre, Renzi sembra un ragazzo viziato che apprende da vecchi zii l’arte degli intrighi. C’è poco di edipico nell’avventura di Renzi, e molto di matriarcato. Il figlio belloccio, esuberante e scapestrato al quale non la madre, ma la mamma permette tutto, perché quello che fa torna utile a tutti: nessun padre, tutti figli, tutti a farsi gli affari propri, in un’orgia di potere. Nei mille giorni di governo, ecco infatti cosa Renzi pensava di aver fatto: «riportare l’Italia al vertice dello scenario europeo e mondiale, al suo posto»3. Nella matrice dei quattro discorsi di Lacan, che Recalcati dovrebbe conoscere bene, Renzi allora non è riuscito ad occupare il posto del padre-padrone perché egli in realtà è l’oggetto piccolo “a”, cioè il posto della produzione, del godimento che rimane al di fuori di ogni significazione possibile. Lacan chiama questo posto il buco inaggirabile, una zona oscura attorno alla quale il soggetto fa il giro senza mai poterla dire, significare4. Ecco, l’azione di governo di Renzi, più che un parricidio mancato, è stata questo girare attorno al buco, senza riuscire a significarlo. Più che penetrare il godimento, Renzi è stato penetrato dal godimento. Il suo iperattivismo era in realtà una furiosa passività. Ma qual è la ragione di questo rovesciamento della matrice discorsiva? Qui la clinica politica va integrata con il discorso dell’egemonia. Nella divisione mondiale della produzione o godimento, l’egemonia appartiene al blocco capitalistico americano e ai suoi vassalli, fra cui spicca l’Unione europea. L’Italia che torna al vertice dello scenario europeo e mondiale significa l’Italia che torna ad essere vassallo produttivamente efficiente, e a ciò dovevano servire le “riforme” del lavoro, della scuola, dell’amministrazione e, suggello finale, della Costituzione. Queste riforme, dunque, non dovevano uccidere il padre, ma elevare l’oggetto “a” del godimento a simulacro del discorso del padre, cioè ad instaurare il regime usurpatore del discorso del capitalista che, per Lacan, come Recalcati dovrebbe ben sapere, è il discorso fondamentale della società contemporanea, dove il consumo degli oggetti è visto come il modo di narcotizzare il soggetto nella ripetizione di un godimento fasullo, che porta l’illusione di un falso riempimento, di un falso soggetto completo5. Il fallimento di Renzi, allora, non è nell’aver mancato di uccidere il padre, che il discorso del capitalista ha già svuotato in partenza, ma nell’aver mancato la missione per la quale era stato ingaggiato, stabilizzare in un’area cruciale del blocco produttivo mondiale l’egemonia del simulacro del discorso del padre, ovvero l’egemonia del godimento infinito, nichilistico, che sbocca nella pulsione di morte. Quello che Renzi e la sua corte, ivi compresi gli ideologi, denunciano allora come odio, odio immane, odio non simbolizzato, è in realtà il rifiuto di una impostura, che è percepito come odio perché il mondo porta la colpa di resistere al proprio delirio mortifero. Si obietterà: ma allora il 60% di No è tutto da ascrivere al rifiuto del discorso del capitalista? Qui non bisogna cadere nella trappola dell’“accozzaglia”. La contro-egemonia ha i suoi spontanei strumenti di consenso, i suoi propri canali di simbolizzazione. Ed è un fatto che tanto nei referendum del 2011, quanto nel referendum del 4 dicembre, l’egemonia produttivistica del godimento cieco è stata battuta dalla contro-egemonia di un discorso del padre autentico, se con ciò si intende la resistenza per aprire ad un ordine nuovo proiettato verso la vita che desidera, un discorso del padre dunque che si fa madre. L’egemonia, spiegava Gramsci, è la capacità di saper attrarre nel proprio campo frazioni del campo avverso, facendo patti nella loro lingua6. Non sembri troppo ottimistico riconoscere che nel 2011 e il 4 dicembre ci sia stata questa capacità diffusa e spontanea di comitati, associazioni e sindacati più o meno di base, di attrarre strategicamente frazioni del campo avverso attorno a contenuti riconosciuti o compresi magari solo in parte, ma che soddisfacevano interessi e bisogni trasversali. E, in proposito, sarebbe interessante un’indagine socio-semantica sulla diffusione di un’espressione ormai quasi usurata come “bene comune”, se è vero, come è capitato di ascoltare a chi scrive, che anche un amministratore di condominio, impegnato nella titanica impresa della sostituzione di un’antenna televisiva centralizzata, per convincere i riottosi condomini, si sia espresso dicendo che “ormai, la televisione è un bene comune”. Non sarà certo questa innocente perorazione a strappare dalle mani della Rai e di Mediaset l’anello decisivo della comunicazione mediatica, ma la sinistra che ricerca il suo basamento egemonico, piuttosto che perdersi nell’infinita ricombinazione dei gruppi dirigenti selezionati dal crisma elettorale, dovrebbe guardare con più attenzione alle spinte contro-egemoniche spontanee che nei due tornanti decisivi sopra richiamati si sono così energicamente espresse.

  1. M. T. Meli, L’amarezza del giorno più lungo: “Non credevo che mi odiassero così”, “Corriere della sera”, 5.12.2016, p. 6. []
  2. D. Cianci, Intervista a Massimo Recalcati: “Un paese vittima dell’odio, che gode nella distruzione”, “l’Unità”, 7.12.2016, p. 4. []
  3. G. De Marchis, La solitudine del premier. “Sotto assedio io non ci sto”. Ma c’è l’opzione rilancio, “la Repubblica”, 5.12.2016, p. 3. []
  4. J. Lacan, Il seminario. Libro XVII. Il rovescio della psicanalisi, Torino, Einaudi, 2001. []
  5. J. Lacan, Du discours psychanalytique, in G. B. Contri (a cura di), Lacan in Italia 1953- 78, La Salamandra, Milano 1978, pp. 32-55 (trad. it. pp. 187-201). []
  6. A. Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975, 4 voll., vol. I, p. 646, (Q. 5). []

La sinistra e i deboli

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Il diritto di proprietà è più arcaico, legato com’è all’ozio del padrone, mentre il diritto del lavoro è più moderno, poiché si afferma nello scontro tra lo schiavo e il padrone, che è uno scontro, come mostra Hegel, che illumina pure la coscienza del padrone. Che ciò non sia mera speculazione filosofica, lo si vede bene nella pratica dei giuristi romani i quali, di fronte alla questione di chi fosse l’oggetto, se di chi lo aveva posseduto da sempre, o di chi lo aveva modificato con il proprio lavoro, in epoca più recente facevano prevalere la seconda soluzione, a differenza di quanto accadeva in un’età più risalente quando, essendo ancora il lavoro disprezzato come pratica vile, si faceva prevalere il diritto proprietario. È vero che non bisogna scomodare le grandi cose del passato per i miseri casi del presente, ma non si può fare a meno di pensare ad esse sentendo Matteo Renzi declamare che la sinistra sta «dalla parte dei più deboli»1. Ma quali deboli?! Nel tanto esecrato Novecento, gli operai e i contadini sono stati protagonisti non perché deboli, ma perché si battevano per far prevalere, sull’arcaico diritto di proprietà, il ben più moderno diritto del lavoro. Erano quindi gli agenti di una trasformazione sociale che apriva per tutti, padroni ed operai, orizzonti più larghi ed universali. È questo il nocciolo del discorso di Gramsci sulla funzione dirigente dei subalterni, in rottura con un certo socialismo sentimentale, nel quale invece con rivendicazioni “debolistiche” come quelle del Gianburrasca fiorentino si ricade con tutti e due i piedi. Ma cosa gliene importa a Renzi di tutte queste storie, lui è mica un “margheritino” che si impunta sull’adesione del PD al “socialismo europeo”, lui è spregiudicato, per lui il “socialismo” è solo un taxi che gli serve a fare un certo tratto di strada della sua bella carriera di uomo di potere, e poi scenderà, e farà il gesto dell’ombrello, tra gli applausi del pubblico in delirio.

  1. M. Renzi, Ecco la mia sinistra: sta con i più deboli e non ha bisogno di esami del sangue, “la Repubblica”, 22 novembre 2014 []

Grammatica di Telemaco

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Ecco la riproduzione di uno scambio di mail, intercettato dalla solita occhiuta e invadente NSA, tra due italioti, una nordica e un sudicio, divisi dal meteo e dalla “questione telemacotica”:

L. Ciao. Qui, oggi, dal ponte sul fiume, una splendida vista, dopo diverse giornate di pioggia in città e neve in montagna.

F. Beata te (voi) che ti godi il sereno dopo la tempesta. È vero, il poeta si godeva la quiete, ma mi appello alla libertà linguistica. Hai visto l’ultimo articolo di Chomsky e compagni?1 E Telemaco, che diventa un mondo dove all’Edipo si sostituisce il Telemaco?

L. No, non ho letto l’articolo di Chomsky. Che dice? Concede ancora un pezzo di linguaggio ai suoi rottamatori purché gli lascino almeno un pezzetto di ricorsività? La mia cultura classica si è via via scolorita. Che fine fa Telemaco? Comunque geniale, mentre taglia zebedei a destra e a manca, assicurare alle sue vittime che lui è un bravo figlio. Recalcati ci è subito cascato (“Repubblica” di stamattina)2. A quando Enea che si accatasta sulle spalle tutti i suoi Padri-Anchisi?

F. Non solo un pezzetto, ma tutta la ricorsività Chomsky si tiene, perchè per lui il linguaggio in senso stretto è computazione e rappresentazione. Poi c’è il linguaggio in senso largo, che comprende tutto quello che condividiamo con le bestie. Ma duemila e cinquecento anni fa, Aristotele non diceva più o meno la stessa cosa (phoné vs. lògos)?3 Buono o cattivo segno? Telemaco pare che finisca ucciso dal fratellastro, cioè il figlio che Ulisse aveva avuto da Circe. Che vorrà dire? E comunque, pare che Recalcati sia il suggeritore del brillante paragone.

L. Quanto a Chomsky vabbè, allora è quello che diceva già nell’articolo con Hauser & Co. nei primi anni 20004. Comunque mandami l’indicazione. Quanto a Telemaco, beh, non so se prima viene l’uovo (suggerimento di Recalcati) o la gallina (coccodé di Renzi), ma fatto è che i fratellastri non mancano e lui stesso ha mostrato di che sono capaci. Ma che dirti, bisogna ammettere che per la prima volta nei consessi europei si parla come se magna. E c’è una posizione dei socialdemocratici e una dei popolari.

F. Ti allego l’articolo di Chomsky, scritto sempre in collaborazione con Hauser & Co5. Per Wilson, il sociobiologo che, dall’alto della sua etologia wasp, si diverte a sbertucciare Chomsky, non ci sarebbe nessun mistero. D’accordo con l’interazionista oltranzista Michael Tomasello, lui pensa che il linguaggio è un derivato6. A questo punto, non posso fare a meno di pensare a quant’era saggia la terza via di Piaget, ma è risaputo, le terze vie non portano da nessuna parte. Sì, certo, nei consessi europei c’è ora quella nettezza che tu dici, ma in patria Matteo Telemaco continua a intendersela con il capo dei Proci il quale, benché sfiancato, può sempre dire la sua su cosa deve o non deve fare Penelope.

L. Ho letto l’articolo che mi hai mandato. Anzi, mi pare una inopinata sterzata verso il chomskismo ortodosso, rispetto alle precedenti uscite, da parte di autori come Hauser che sembravano prendere le distanze. Anch’io penso spesso con nostalgia a Piaget. Che però è citato più spesso di quanto si potrebbe pensare. È uscito un libro che si intitola Piaget, Evolution and Development. Non so cosa c’è dentro, mi riprometto di vederlo. Si, il duetto è francamente osceno. Telemaco preferisce evidentemente trattare con un Capoprocio stracotto piuttosto che con procetti nuovi di zecca ambiziosi come lui. Quale bravo erede non si cautela contro i suoi eredi? Malademboracurrunt, come diceva quel grande pedagogista mio collega quando, nei momenti critici dei consigli di facoltà, montava sul catafalco.

F. Quanto a Piaget, se è quello che dico io7, non è poi così recente. Ma poco importa. Non so se sono da rimpiangere i riti funebri dei vecchi consigli di facoltà, rispetto alle messe pontificali degli odierni dipartimenti, ormai simulacri di consigli di amministrazione. Ma tornando al nostro Chomsky, hai ragione, rispetto all’articolo del 2002 è più chiuso. Forse, il diluvio cognitivistico nel frattempo scatenatosi, l’ha indotto ad alzare il ponte levatoio. Devo dire che l’apprezzo di più, così. Mi sembra molto più serio rispetto all’uso, diciamo, onnicomprensivo del termine “linguaggio” che certuni fanno. Oggi, su “Repubblica”, il classicista Bettini ritorna sulla metafora Telemaco, e ricamando sul mythos, sostiene che con essa si è voluta reclamare una autorevolezza per il proprio dire che sino a prima del fatidico “quaranta per cento” non era ancora riconosciuta8. Quando passeremo dalle chiacchiere ai fatti, ci accorgeremo, purtroppo solo a cose fatte, che questi fratellastri stanno solo cercando di rianimare il cadavere putrefatto del Padre che comanda con in mano un nodoso bastone. E allora, chomskyanamente, viene da chiedersi quale sia la “struttura profonda” che in Italia produce sempre in “superficie” queste figure autoritarie, da Crispi a Craxi a Berlusconi (anche se molto sui generis) a Renzi, passando ovviamente per la più riuscita, quella dell’immortale mascellone.

L. Per le domande “fondamentali” c’è tempo. E che Renzi voglia rinverdire il Mascellone mi sembra azzardato. Non hai letto Scalfari, oggi?9 A “loro” basta che faccia da ariete in Europa contro gli odiati germanici. Questa è la missione che gli hanno affidato. Se la vince, vincerà per “loro”. Se la perde, avanti un altro.

F. “Loro”? Vedi che le domande “fondamentali” non sono da rinviare? In altri tempi, si sarebbe detto che è in corso uno scontro intercapitalistico…

Qui la trascrizione si interrompe perchè nel frattempo agenti CIA hanno individuato ed operato una extraordinary rendition dei due pericolosi sovversivi.

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  1. N. Chomsky et alii, The miystery of language evolution, «Frontiers in Psychology», maggio 2014, volume 5, articolo 401. []
  2. M. Recalcati, La missione di Telemaco, «la Repubblica», 3 luglio 2014, pp. 1 e 29. []
  3. Aristotele, Politica, 1253a 5-25, trad. it. Laurenti, Bari, Laterza, 1983, pp. 6-7 []
  4. N. Chomsky et alii, The Faculty of Language: What Is It, Who Has It, and How Did It Evolve?, «Science”, vol. 298, 22 novembre 2002, pp. 1569-1579. []
  5. N. Chomsky et alii, The mystery of language evolution, cit. []
  6. E. O. Wilson, La conquista sociale della terra, (2012), Milano, Cortina, 2013, p. 258. []
  7. J. Langer, M. Killen, Piaget, Evolution and Development, London, Taylor & Francis, 1998 []
  8. M. Bettini, La parola che diventa mito, «la Repubblica», 5 luglio 2014, p. 29 []
  9. E. Scalfari, Rompere il cerchio magico per salvare il governo, «la Repubblica», 6 luglio 2014, pp. 1 e 23 []

Dialogo post Europee tra la luna e un pastore errante dell’Italia contemporanea

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Ecco il dialogo tra la luna, tutt’altro che indifferente, anzi molto impegnata nelle cose terrene, e un trafelato pastore errante dell’Italia contemporanea, svoltosi qualche giorno dopo le elezioni europee del 25 maggio 2014:

   P. E, allora, ô luna, che te ne pare di questo ritorno della DC (40%: la percentuale è quella)? Hai visto il video di Grillo che prende il maalox?

   L. Ho votato contro Grillo. Il risultato è stato migliore delle previsioni. Ho imparato a contentarmi. No, non ho visto Grillo, né prima né dopo il maalox. Non guardo la gente che vomita. Mi volto dall’altra parte. E quell’altro pupazzone, fresco della sua quotidiana iniezione di formalina? Con questa galleria di mostri guardi tanto per il sottile? Che ne dice la pastorella tua compagna?

   P. E che vuoi che dica, la pastorella mia compagna, pensa a quant’era bello il PD di Bersani, con quelle  allegre assemblee nazionali, dove ci si recava ognuno con le sue greggi… Peccato che ci siano tanti kilometri tra di noi, potremmo fare delle belle tavolate politico-gastronomiche…

Una nuvola grigia si intromette tra il pianeta pallido e l’italico pastore errante. Quando il cielo si rischiara…

   L. Nel frattempo ho visto la scenetta del maalox. Mi è parsa  un’ottima gag. Inquietante invece la comparsa di Casaleggio sul palco a San Giovanni nella conclusione della campagna elettorale. Anche quella l’ho vista solo oggi. L’abbiamo scampata bella.

  P. Ma, tra un’elezione e l’altra, ci sono le mungiture, il flauto, le composizioni poetiche, insomma, il für ewig. Lì non ci acchiappa nessuno. A breve, spero di suonarti dei bei nuovi motivetti e di leggerti qualche altro bel canto.

   L. A parte i formaggi e le zufolate e i canti  (che bei vizi…), certo,  a parte tutto….Ma tornando alla politica: perché tu, come tanti altri amici, dici: la nuova DC? checché se ne pensi, mi pare tutt’altra cosa. Diverso il radicamento sociale, il tipo di comunicazione, le facce, lo stile. C’è tutta la distanza che ci divide nel bene e nel male dall’Italietta postbellica. Solo per il 40 per cento? Un mio vecchio ed ora defunto amico, a ogni competizione elettorale, se si chiedeva a lui, pubblicista di un giornale della sera, come sarebbe andata, rispondeva: Questa volta sfioreremo il quaranta per cento. La storia è andata diversamente. Dunque ben venga un qualsivoglia quaranta percento. Mio nipote, ha votato per la prima volta. Timori e tremori, poi trionfale WhatsApp: “vittoria schiacciante!“. Sono stata molto contenta e ho pensato che non bisogna andare tanto per il sottile. Che provino loro a fare qualcosa.

Un altro nuvolone si intromette. Per lunghi minuti la luna scompare dalla vista del pastore, che approfitta per correre dalle sue discole pecorelle. Al ritorno, con il fiatone…

   P. Scusa il ritardo, eccomi alla tua domanda: perché dico, diciamo, la nuova DC. Ma con uno come Renzi, è il primo pensiero che ti viene. Poi, certo che è tutto diverso, con gli ottanta euro stanno pure ridistribuendo, se non è sinistra questa… Ma non ridistribuiva anche la DC? E ci risiamo. Insomma, c’è molta ambiguità, voluta, cercata, perchè bisogna essere “post-ideologici”. Così si arriva al quaranta per cento. Adesso, ci siamo. La “vocazione maggioritaria” vagheggiata dal cineasta Veltroni, eccola a portata di mano, ancora uno sforzo e siamo al cinquanta per cento. Vorrei tanto che mi sorprendessero, che con questo consenso plebiscitario cambiassero non solo alcune storture di questo paese, ma anche di questo sistema. Ma non si sa bene verso che direzione vanno, il programma prende forma mentre fanno, anzi consiste nel fare. Quindi, o ti sono simpatici, o non li puoi seguire. E io li guardo, quel poco che resisto davanti alle loro comparsate televisive, guardo le loro facce, e mi sembrano ancora più di plastica di quelle berlusconiane del ventennio passato, facce puramente agonistiche, animali da combattimento verbale. E così, alla fine, che fai? Voti Tsipras, ma solo perché c’è qualcuno che stimi, Gallino, la Spinelli. Ma ti senti un rifugiato in una terra che non è la tua, dove litigano per niente e su tutto, e fremono aspettando la prima occasione buona per saltare sul carro “riformista”. Mi rincuoro pensando che per un ventenne, un voto all’“estrema” ha tutt’altro significato. Un giovane pastorello che, sfacciato, fa le fusa alla mia figliola, studia il russo come usava un tempo, e coltiva i classici del marxismo-leninismo. Viene da ridere, ma per loro non è nostalgia, ma un giudizio sprezzante sull’oggi, e la prospettiva del domani. Fra tre anni, saranno cent’anni dalla “sfida al cielo”, e per ragazzi come questi è come se fosse ieri. E noi, come celebreremo quella data? Nella sua post-ideologica apertura ecumenica, Renzi tacerà, o dirà qualcosa? E se dicesse, no signori, Enrico si sbagliava, la spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre non si è esaurita, e noi siamo qui, tra un tweet e l’altro, a portarla avanti, dentro e fuori Palazzo Chigi. Più dentro, che fuori. O più fuori, che dentro? Chi lo sa, è l’ambiguità.

   L. Oddio, come rispondere ai tuoi argomenti. Che Renzi abbia fatto il boyscout e vada alla messa la domenica mi disturba un po’, ma per ragioni estetiche, non altro. Niente a che vedere con la puzza di sacrestia dei marpioni democristiani, barattieri anche in cose di religione. Mi disturberà politicamente se inciderà per esempio sulle scelte in fatto di diritti civili, allora sì, non prima. Una ridistribuzione del reddito mi pare una politica di equità minimale che saluto con un plauso (anche se parzialmente finanziata con una riduzione del sei per cento del mio vitalizio). Niente a che vedere con la (ri)distribuzione democristiana fatta di strizzatine d’occhio ai finti invalidi, ai baby pensionati, al forestale fasullo mentre bruciavano i monti della Calabria, all’evasione fiscale generalizzata…. E’ stato questo tipo di distribuzione che ha distrutto quel po’ di etica pubblica che c’era in Italia, ha reso i nostri connazionali parassiti e piagnoni, ha preparato il craxismo e tutto il resto che è venuto dopo. Quando la vedrò praticare da Renzi dirò: ecco il democristiano. Certo, le facce sono quelle di chi è cresciuto nel ventennio berlusconiano, specie le donne mi fanno impressione (salvo alcune: adoro il vostro Ministro della Guerra). Ma prova a guardare gli altri: le maschere ebeti dei grillini, immobili nel sorriso di disprezzo per le cose che non capiscono, le pance e le giacche (quelle sì democristiane) dei berlusconiani, e di nuovo, anche lì, le donne, aiuto, le donne. E non erano molto più democristiani, fra i “nostri”,  un Fioroni con quella faccia di pappone o una Turco che pareva di quelle che distribuiscono gli abiti usati ai poveri della parrocchia? Spinelli, ottima pubblicista e donna di studi. Leggo sempre con interesse i suoi articoli. Ma come votare una che ti dice che se viene eletta si dimetterà perché non vuole fare la deputata? Votare la lista di Casarini? votare una lista patrocinata dal micromegologo amico di Travaglio, che poi subito litiga (manco ho capito con chi e su cosa) e se ne va. E pure col rischio, per fortuna evitato per il rotto della cuffia, di buttare via il voto. Il tuo pastorello ventenne che zufola appresso alla tua figliola, fa bene a studiare il marxismo-leninismo, ma forse farebbe bene a studiarsi anche un po’ di geopolitica, lasciando a voi vecchietti la paura e la nostalgia. Renzi che celebra la Rivoluzione d’Ottobre è il teatro dell’assurdo, ma Renzi ha fatto entrare il PD nel gruppo socialista, cosa che nessuno dei gloriosi eredi di Enrico Berlinguer aveva osato fare (e neanche vi avevano mai spiegato perché). Mi chiederai se sono diventata renziana. No. Ma erano millanni e ancora mille che aspettavo il gran giorno e, non dico per me, ma per voi, ora me lo godo. Ti ho convinto?

   P. Beh, tu sei la luna e io solo un pastore, per giunta da secoli e secoli errante in questo monno bruto. C’è una bella differenza. Ma a proposito del sei per cento sottratto al tuo vitalizio, la mia paga è bloccata dal 2010. E, allora, siccome ci stiamo mettendo soldi nostri, vorrei dire alla deputata Picierno, ora europarlamentare, ma è proprio necessario metterci, nella spesa che può fare con gli ottanta euro, le due buste di salmone? Non potrebbe comprare un sacchetto di fagioli, e cucinarli con la ricetta della nonna? Questo per dire che si può redistribuire in tanti modi. Ad esempio, ripristinando un diga da cui dipende l’economia di un’intera piana. È da anni che Luciano Gallino spiega cose simili dalle pagine, non della Gazzetta di Forlì, ma da quelle tronitrinuanti di Repubblica. Ma mentre a lui, tutto quello che gli fanno fare è il garante della lista Tsipras, al Tesoro ci chiamano Pier Carlo Padoan che, tra una partita e l’altra di squash, ci spiega in pubbliche interviste che “la sofferenza sta funzionando”. Allora viene il sospetto che la crisi sia uno strumento che coloro che si sono arrogati il diritto di governarci, usano per disciplinare quelle che giudicano le nostre inamissibili pulsioni edonistiche, salvo poi chiederci di tornare a consumare. Renzi, rispetto a questo, che mi rappresenta? L’ho sentito battibeccare con Floris, a Ballarò, e la frase che mi è rimasta nell’orecchio è ancora una volta quella dei sacrifici. Non è la prima volta che le pulsioni sadiche prevalgono in chi governa. Il guitto di Genova aveva colto paradossalmente la cosa, quando ha pubblicato il post con la fotografia del cancello di Auschwitz. Ma Renzi ha prontamente cambiato discorso, ingiungendogli di sciacquarsi la bocca prima di parlare di Berlinguer. Come vedi, alcune battute del teatro dell’assurdo sono già state pronunciate. Perché non aspettarsene altre, a proposito del 1917? Per quella data, Veltroni farà un altro film, magari su Apollon Schucht e Vladimir Ilic Ulianov detto Lenin, mentre guardano amorevolmente Giulia, figlia di Apollon, e Antonio Gramsci passeggiare mano nella mano, e alla prima ci sarà ancora Napolitano che si commuoverà, con Maria De Filippi in tubino nero a fare le accoglienze. La geopolitica? Pensa se nel 1989, al posto di Gorbaciov, ci fosse stato Putin, magari nelle vesti di un Andropov in buona salute: come credi che sarebbero andate le cose? Hai visto da lassù il libro del nipote di Gramsci, Antonio jr., sulla storia della sua famiglia? Figurati se in Italia gli danno il Viareggio…

  L. Sì, d’accordo. Ma eravamo partiti dal voto e dai suoi risultati… Riprendiamo il discorso alle prossime elezioni!

Altro nuvolone e interruzione della vista. Quando il cielo si rifà limpido…

    L. … ma poi perché i fagioli sarebbero più comunisti del salmone?

   P. Il terreno della lotta di classe alimentare è scivoloso. Ciò che volevo dire è che mi sembra stupido togliere soldi ad alcuni che ne hanno un po’ di più e darli ad altri che ne hanno un po’ di meno, solo per far ripartire il fuoco di paglia di piccoli consumi, soprattutto se di lusso. Se si devono fare sacrifici, facciamoli per cose – ad esempio, una diga in secca che sta distruggendo l’agricoltura, che ne so, della piana di Gela – che rafforzino in modo duraturo l’economia di intere regioni. E se l’economia circola, poi tanto il ragionier Rossi, quanto il professor Bianchi potranno liberamente scegliere di consumare fagioli comunisti o salmone borghese.

    L. Certo, è piccolo cabotaggio, e inoltre soldi tolti da una parte e spostati dall’altra non fanno ripartire i consumi, ma ha avuto un valore simbolico e i simboli non sono acqua. Applicato in maniera massiccia, dando per esempio più soldi ai professori di scuola media e un po’  meno (non per questo pochi) soldi ai supermen, forse farebbe funzionare meglio la scuola. Il tuo ragionamento somiglia a quello letto, credo oggi, credo su Repubblica: coi miliardi della cassa integrazione si farebbero investimenti capaci di far ripartire l’economia. Vero, falso, equo? Mi contento di poco, hai ragione. Sarà che i fagioli mi piacciono più del salmone. E poi non era peggio quello che abbiamo passato prima? o l’orrore che ci toccava senza il famigerato quarantapercento? Insomma, non se ne esce. Tu hai ragione, in questa diatriba, e io ho ragioni. Mi pare proprio tempo di farci una chiacchierata al plenilunio, quando sarò proprio uno splendore (e un po’ di cortiglio, alla prima occasione: mi piacerebbe conoscere l’evoluzione politica dei nostri amici berlusconiani, ad esempio).

   P. Gli amici berlusconiani suppongo che siano diventati renziani. Ma il quarantapercento cui hanno contribuito, potrebbe riservare loro sorprese. In questo non hai solo ragioni, ma anche ragione: stiamo a vedere. Perché paradossalmente il quarantapercento, in presenza di una destra in sfacelo, può portare Renzi su una strada di sinistra che, Zelig qual è, non esiterebbe a percorrere.

Nuvole, nuvole, ancora nuvole, è proprio una capricciosa notte di maggio. E il nostro pastore corre di nuove dalle sue pecorelle che strepitano e ondeggiano nell’ovile. Quando la vista finalmente si rischiara…

   P. Non avevo inquadrato bene la domanda, che invece è importante. Non credo che il mio ragionamento sugli ormai famigerati ottanta euro sia lo stesso del ragionamento di Repubblica che citi. La cassa integrazione è un controllo sulla condizione del lavoro che, lottando, il lavoro si è guadagnato contro il capitale: se vuoi licenziare, paghi dazio. Gli ottanta euro sono una concessione unilaterale ad una platea indistinta di tartassati. I fatti storici sono una fastidiosa lisca nel cannarozzo vorace del capitale, che Repubblica spesso contribuisce a rimuovere con quei discorsi tutti rivolti al presente che il suo fondatore, il devotissimo monsignor Scalfari, tanto depreca.

   L.: In cose politiche, fra me e te  la differenza non è tra il bicchiere mezzo pieno e il bicchiere mezzo vuoto. E’ tra chi reputa che i bicchieri siano andati tutti in frantumi e ci si debba perciò  contentare se ci resta un mestolo bucato (io) e chi invece reputa che il diritto di ciascuno a un bicchiere pieno sia ancora all’ordine del giorno (e allora si arrabbia: tu)

   P. È vero, i bicchieri sono tutti rotti. Ma, come diceva Rossella O’Hara, “domani è un altro giorno”. E qui, ahimé, parte la sigla del perfido Vespa.

   L. No, “Porta a porta”, no! Devo andare, fa quasi giorno, e sorge il sole. Spero per te, che sia quello dell’avvenir.

Il gregge bela e il pastore si avvia alla mungitura. Ricotte e caci si preparano, per allietar la tavola anche di chi non ha, ora che gli ottanta euro rimpinguano l’esigua tasca, e il quaranta per cento conforta in cambio chi l’ha preso.

I nuovi eletti

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Secondo il sondaggista Roberto Weber, intervistato dal “Fatto Quotidiano” di ieri, Grillo presiede (sic!), cioè presidia, l’area dell’insofferenza, che rappresenta un terzo degli italiani, mentre Renzi quella della conservazione e dell’investimento, che è la parte maggioritaria. Come possono stare assieme la conservazione e l’investimento, gli “aggregati persistenti” e l’“istinto delle combinazioni”, i “redditieri” e gli “speculatori”? Qui, un Pareto redivivo avrebbe di che esercitarsi, contestando magari l’impossibile congiunzione. Ma, si sa, Pareto non era un dialettico, mentre il sondaggista ci tiene a suggeririci l’idea di una composizione degli opposti. Ci sarà una sintesi? Renzi ce la sta mettendo tutta. I “conservatori” li ha presi per stanchezza, agli “innovatori” liscia il pelo con opere ed omissioni. La direzione è una terra di nessuno dove, chi ci arriverà, potrà proclamarsi eletto, e non si volterà più indietro, a guardare il disastro.