Via della Seta

Il bordello delle nazioni

Download PDF

In una nota sul Mezzogiorno qui pubblicata lo scorso 13 agosto 2020, si indicavano le tre condizioni materiali concretamente storiche per risolvere il conflitto tra forze produttive e modo di produzione capitalistico che grava sul Sud e sull’intera nazione, ovvero priorità alla domanda interna, governo del lavoro su tutta la produzione di interesse generale, edificazione di una nuova politica dell’interesse nazionale. La vicenda dei porti, di cui l’acquisto del porto di Trieste da parte della società tedesca che gestisce quello di Amburgo è solo il prologo, serve da verifica immediata di tale schema. Intanto, c’è un antefatto, il porto di Gioia Tauro. Anch’esso trent’anni fa fu acquistato dai tedeschi che, così controllandolo, eliminarono un concorrente per i loro porti del Nord. Non si fa peccato a pensare che l’acquisto neo-asburgico di quello di Trieste abbia lo stesso scopo. Ma adesso ci sono i cinesi che si interessano ai porti del Mediterraneo per lo sbocco a mare della loro Via della Seta. I cinesi hanno già il Pireo, e qui entra in ballo il Mezzogiorno con i suoi porti di Taranto, Palermo, Augusta e Napoli. Il vecchio mondo atlantico riuscirà a contenere la loro avanzata o, presto, di memorandum in memorandum, qualcuno di questi porti finirà nelle loro mani? Il fatto è che questo vecchio mondo, dagli americani ai tedeschi, non ha più nulla da offrire in termini di mero sviluppo economico, che non sia deflazione e qualche spicciolo che sgocciola da giochi geostrategici vetusti, per i quali anzi vengono richiesti maggiori contributi. I cinesi, invece, che hanno molti soldi e altrettante ambizioni mondiali sono pronti a costruire gratis infrastrutture, centri commerciali, grandi alberghi. Un bengodi per le forze interne emerse e sommerse che hanno visto sempre in questi termini lo sviluppo del Mezzogiorno. I cinesi, insomma, possono essere la mazzata finale per un Meridione la cui costa, affetta dal gigantismo economico, perderebbe ogni rapporto con l’interno, destinato ad un deperimento cronico. Una prova? Perché tanto accanimento contro l’esperimento di sviluppo non economicistico ma sociale di Riace? Solo per pregiudizio contro i “negri”? Ma via! Il pericolo che un tale sviluppo “povero” potesse diffondersi in altri centri era grandissimo, quindi bisognava stroncarlo sul nascere. Cosa fa Roma di fronte a queste contraddizioni? Lascia che lo spelacchiato lupo atlantico travestito da Asburgo si riprenda Trieste anche se Trieste non ne trarrà gran beneficio, e blandisce i cinesi contando sul fatto che la debolezza crescente del fronte occidentale possa portare ad un loro discreto ingresso nell’inceppata economia subalterna meridionale. Non è perseguimento dell’interesse nazionale ma semplice equilibrismo che intensifica i difetti dello storico dualismo, e tutto ciò perché, dovendo rimettere al centro il governo del lavoro, non si vuole mettere in discussione l’architrave esportadore di questo falso sviluppo che, coronavirus permettendo, viaggia all’1% annuo di “crescita”. Il risultato di tanta pervicacia è che l’Italia è ormai il “bordello” delle altre nazioni, ma chi la governa, dai volponi del PD ai volpacchiotti del M5S, pensa di essere tornato al centro del mondo solo perchè alzandosi dal letto del vecchio amante atlantico può infilarsi nella stanza attigua dove attende l’ospite cinese cui indirizzare allusivi fanaletti.